lunedì 3 gennaio 2011

Panico Berlusconiano? Con Fini rinasce la Destra



da "Il Secolo d'Italia"


di Alfredo Borgorosso


Massimo Fini, scrittore e polemista di razza, ricorda di aver ricevuto la più lunga «standing ovation della carriera, nel 1985 a Taormina. Ero con Giorgio Almirante ad una convention dei giovani del Msi. Ricordai che per me era inspiegabile l'atlantismo di certa destra..». Firma de Il Fatto quotidiano, direttore del mensile La voce del ribelle, è un disincantato osservatore delle vicende italiane. Segue invece con passione l'evolversi degli scenari geopolitici internazionali, «deluso dalla scarsa tensione per l'interesse nazionale declinata dalle nostre classi dirigenti».
Fini, "mala tempora" per la politica italiana?Una premessa è doverosa: delle vicende di Palazzo mi interessa poco. Per me conta molto di più quello che succede in Afghanistan.
Nessuno ci impedisce di parlare anche di politica estera...Bene. Allora abbiamo assistito negli ultimi mesi ad una fase interessante. Si è registrato il disfacimento del Pdl e del suo leader, una disgregazione politica e anche umana. La stessa passione smodata per le giovanissime del Cavaliere, che mi guardo bene dal condannare, è un segno di senilità... Prima o poi, più prima che poi, questo impero berlusconiano cadrà. La novità è stata lo strappo di Gianfranco Fini, con una distinzione coraggiosa, ma venuta molto tardi.
Il sistema tendenzialmente bipolare sta mostrando crepe?Si sta formando una nuova aggregazione nella quale la parola "moderato" può avere un senso. Berlusconi e i suoi sono tutt'altro che dei moderati. Sono energumeni, lo si è visto.
Non c'è più un solo centrodestra in Italia...Prima si è allontanato Casini, che rappresentava l'impianto democristiano, ora si è aggiunta la posizione della destra di Fini: una rottura mai vista negli ultimi sedici anni. Non era possibile definire con questa categoria, quella di "destra", un partito come il Pdl, che attacca ogni giorno la magistratura, scardinando il riferimento alla "legge e ordine".
Potendo aggiungere all'ultimo suo libro, "Senz'anima, Italia 1980-2010", un ritratto di un personaggio politico che l'ha sorpresa, su chi si soffermerebbe?In tanti mi hanno compito in negativo. Nel bene, mi piacerebbe raccontare Italo Bocchino. Nel dibattito sulla fiducia alla Camera ha detto cose chiare e di destra.
Il 14 dicembre è la data spartiacque nell'ex maggioranza di governo?Il mondo che veniva dal Msi e An ha ritrovato con Fini la sua anima. Ovviamente diversa da quella un po' truce dei tempi della Fiamma. L'alleanza con Berlusconi ne aveva cancellato la ragione sociale.
Intanto nel Paese si è sviluppata una forte protesta giovanile.Un disagio autentico ha attanagliato le piazze studentesche. Non si è trattato solo di una contestazione per una legge più o meno sbagliata. I giovani, che hanno maggiori energie degli anziani altrettanto arrabbiati, hanno dato una rappresentazione di un malessere più profondo.
Che differenze ci sono tra i moti del Aessantotto e quelli recenti di Roma?Il movimento studentesco, promosso da giovani della borghesia guardati con sospetto dalla classe operaia, cavalcava una ideologia morente, il marxismo-leninismo. Fu un bluff nei suoi dirigenti, che ambivano - come poi è avvenuto - a diventare direttori del "Corriere della Sera"... L'attuale protesta giovanile è sintomo della crisi dei ceti medi, che vivono ai margine della soglia di povertà. Non ci sono motivazioni ideologiche ma esistenziali.
Chi è più avanti nell'ascolto di queste sollecitazioni?Nessuno. La classe politica è troppo distaccata dal resto del Paese. E quando intercetta certe proposte, lo fa strumentalmente... In futuro ci saranno sempre più frequenti manifestazioni di piazza, soprattutto con l'impasse economico che viviamo. 
Quale sarà la strada di una forza repubblicana, sociale e nazionale?È attesa da un cammino ardito. Il berlusconismo ha corrotto non solo tanti parlamentari ma anche buona parte dell'elettorato. Ma Fli offre una nuova casa alla destra. Nel Pdl ormai è difficile trovare una persona per bene.

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