da Akropolis Magazine
di Marco Mitrugno
Nell'era scilipoti, ricordiamo tre grandi
In un periodo come questo, in cui la crisi economica non lascia scampo alla gente, in cui il Governo è impegnato a mantenere un premier ormai logoro a palazzo Chigi, in cui gli “indignados” italiani scendono in piazza, ci sarebbe bisogno di politici con la spina dorsale dritta, di gente capace di prendere per mano il paese e portarlo fuori dal baratro. Ma poi le persone comuni ci pensano: com’è possibile trovare politici di questo tipo quando siamo nell’era degli Scilipoti, Siliquini, Moffa, Razzi e Calearo? Com’è possibile immaginare l’Italia fuori dal vortice della crisi, se in Parlamento sono impegnati a mantenere in vita un esecutivo incapace?
Ed allora ecco che arriva lei, la nostalgia. La nostalgia di quei grandi uomini della Prima Repubblica, che hanno fatto la storia dell’Italia nel dopoguerra. Da Almirante a Berlinguer, fino ad arrivare ad Aldo Moro. Tre figure importanti della storia politica italiana. Tre percorsi, uno diverso dall’altro.
Giorgio Almirante, reduce dalla RSI, che nel 1946 fonda il Msi, senza alcuna paura, sapendo che sarebbe andato incontro alla ghettizzazione del partito. Ma non lo fermò nemmeno questo; sono 42 gli anni di militanza di Almirante nel Movimento Sociale Italiano, fino al giorno della sua morte, il 22 maggio del 1988, data in cui l’intero popolo della destra (e non solo) si strinse intorno alla figura dello storico segretario del partito post fascista. Una storia difficile quella di Almirante: non era ben visto, era etichettato come ‘fascista’, anche se riuscì a portare il Msi ad accettare le istituzioni repubblicane, tanto che in un’intervista dichiarò che voleva lasciare il partito in mano ad una persona che fosse nata dopo la guerra, che non era fascista e che non era nostalgica.
Dall’altra parte c’era Enrico Berlinguer, storico leader del Pci. Ha infiammato i cuori di migliaia di militanti comunisti. Anche lui, come Almirante, ebbe idee estremiste: fu un grande sostenitore di Stalin e della dittatura sovietica, tanto che alla morte del politico russo fece un discorso pieno di elogi. Fu a favore dell’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe russe, durante la rivolta di Budapest del 1956. Con il passare del tempo cambiò le sue posizioni, infatti si scagliò contro Mosca quando ci fu l’invasione della Cecoslovacchia e ciò portò Berlinguer ad entrare nei nemici del PCUS. Morì nel 1984, a causa di un ictus, avuto durante un discorso. Nonostante il malore continuò a parlare fino allo stremo, tanto che gli stessi militanti chiesero al segretario di smettere. Durante i funerali il presidente Pertini si chinò sulla bara e vi fu la presenza anche di Almirante, storico nemico di Berlinguer.
In mezzo a Msi e Pci, c’era la Dc, che ha rappresentato l’Italia per cinquant’anni. Uno dei più alti rappresentanti, dal punto di vista morale, è stato Aldo Moro. Era considerato un ottimo mediatore tra le varie correnti della Democrazia Cristiana. Negli anni sessanta era un sostenitore di un governo formato da democristiani e socialisti, ne fu talmente convinto che durante il congresso di Napoli del 1962, riuscì a far convergere tutto il gruppo dirigente del partito sulla sua posizione. Ci riuscì anche nel 1978, quando convinse la Balena bianca, che si doveva aprire ad un governo di solidarietà nazionale con il Pci. Questa sua iniziativa, però, li costò la vita. Nel marzo del 1978 fu rapito dalle Brigate Rosse e nel maggio dello stesso anno fu ritrovato il suo corpo senza vita.
I politici del 2011, non devono essere uguali a quelli degli anni settanta, sarebbe impossibile e sbagliato. Ma almeno potrebbero prendere un piccolo spunto da quei grandi uomini. Si faccia il confronto con la morale di allora e quella di oggi. Nel lasso di tempo che viviamo noi, si sente parlare di bunga bunga di ‘sistema Penati’ e chi più ne ha più ne metta, un minimo della decenza che i politici avevano negli anni settanta servirebbe a tutti.
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