sabato 29 ottobre 2011

Lettera ai giovani



Cari giovani,
 
capisco la vostra rabbia essendo un vostro coetaneo e vivendo le stesse incognite per il futuro che vivete voi. Capisco anche la vostra disillusione nei confronti di una politica che pare sempre più arroccata nei palazzi del potere e poco vicina alle esigenze dei cittadini. Questo però, non giustifica il vostro totale disinteresse nei confronti della res publica, il vostro modo di fare da snob, come se la politica o l’impegno civico siano cose per i fessi o per i “vecchi”. Con questo modo di pensare vi farete rubare il futuro per la seconda volta: la prima ce lo hanno rubato le generazioni passate, che adesso pensano a non lasciare spazio ai giovani; la seconda volta lo fate voi da soli, con le vostre mani e con la vostra apatia. E, per piacere, smettetela di fare i soliti discorsi:”I politici sono tutti uguali”, è come dire che gli italiani sono tutti mafiosi. Ci sono migliaia di ragazzi che si impegnano in politica o nell’associazionismo, che sono ispirati non dalla carriera, ma dalla voglia di cambiare questa Italia e questo mondo. Sicuramente direte che è impossibile, ma niente è impossibile finchè c’è solo una persona pronta a difendere un sogno. Voi mi risponderete che quelle sono “cose” da grandi e che a vent’anni si deve pensare al divertimento e allo sballo perché si vive una volta sola. Avete ragione, ma oltre al divertimento si deve cercare di guardare avanti, al futuro che bisogna costruire mattone dopo mattone. 
Inoltre vi fate influenzare facilmente da pseudo indignati che hanno soluzioni irreali per uscire dalla crisi. Vi lanciate contro l’innalzamento dell’età pensionabile, non sapendo che portando l’età pensionabile a 67 anni, lo stato risparmia denaro che può essere reinvestito in infrastrutture, scuola, sviluppo. Vi scagliate contro le privatizzazioni perché vi hanno inculcato l’idea che la gestione pubblica funziona bene e invece poi si scopre che non sapete che se la gestione è pubblica vuol dire che tutto è in mano ai soliti politici. Ed in più vi dico, lasciate perdere quei genitori che cercano di convincervi che l’impegno civico è cosa da gente matura e sbagliata. Loro, il futuro, se lo sono guadagnato lottando e facendo politica.
Ezra Pound diceva che gli indifferenti non hanno mai fatto la storia e non hanno mai capito la storia. Quindi avete due possibilità, un bivio davanti ai vostri occhi: da una parte, decidendo di rimanere indifferenti, la strada vi porterà ad essere semplici pedine dello scacchiere, farete parte di un mondo dove i potenti di turno vi useranno a loro piacimento e voi sarete le pecore, pronti a seguirli, perché, magari, vi hanno promesso qualcosa; l’alternativa (consigliata) è quella di diventare protagonisti del vostro tempo, di essere gli artefici del vostro futuro, di essere uomini liberi che non devono rendere niente a nessuno.
A voi la scelta.
 

martedì 25 ottobre 2011

La destra vivacchia, la sinistra litiga, l'Italia sprofonda



di Marco Mitrugno
Dopo la fiducia che il Governo ha incassato venerdì 14 ottobre, sostenitori ed esponenti politici di rilievo del Pdl, andavano in giro per le televisioni e le redazioni dei giornali, dicendo cheadesso si potevano fare le riforme: il decreto sviluppo (per tentare di far riprendere l’economia italiana) e l’immancabile riforma della giustizia, che, come ognun vede, in un momento di crisi globale come quello che stiamo vivendo è una priorità.

Ma non hanno fatto nemmeno in tempo a pronunciare la parola “decreto” (doveva essere approvato la scorsa settimana, peraltro), che Berlusconi ha “chiarito” la situazione dicendo che non ci sono soldi per redigerlo.In più ha aggiunto che non c’è fretta, e in effetti non ha torto: la crisi attacca continuamente i mercati dal 2008, siamo sull’orlo del default e (ovviamente) non c’è nessun motivo per correre, perché, si sa, in Italia abbiamo il miglior ministro dell’economia che ha già messo in ordine i conti. Che fretta avremo mai?
Peccato che la gente non riesca ad arrivare a fine mese, mentre la BCE chiede sempre più insistentemente la riforma delle pensioni, le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Inoltre ci si mettono anche gli imprenditori a fare da guastafeste, dicendo “il tempo è scaduto”, e Napolitano che chiede al Governo di darsi una mossa. Poi si scopre che i ministri Romani e Calderoli vogliono liberalizzare le imprese di facchinaggio, in modo tale da favorire la nascita di nuove aziende. Scelta saggia, cominciamo dalle cose importanti: a cosa serve liberalizzare gli ordini professionali, come quello degli avvocati o dei giornalisti? E poi c’è (ci sarebbe) anche il capitolo dedicato alle privatizzazioni, che sono utili per fare cassa e per togliere dalle mani della politica aziende come la Rai o le Poste.
Insomma, l’Italia è in mano ad un Governo immobile ed incapace di prendere decisioni, anche impopolari.Berlusconi e tutto il suo entourage sono impegnati a sopravvivere e non a tentare di far riprendere il Paese. Magari, se si sforzassero di occuparsi dell’economia nazionale, avrebbero aperto all’ipotesi di Governo tecnico, che possa dare fiducia ai mercati.
Ma si sa, Silvio non si sarebbe mai piegato alle richieste dell’opposizione ed in particolare del Terzo Polo. E la dimostrazione l’ha data nel giorno del voto di fiducia: pur di rimanere a Palazzo Chigi, ha riproposto gli stessi punti che descrisse nel settembre del 2010. Poi succede che uno come Aznar (non un komunista russo con la foto di Stalin sul comodino) sia ospite di Ballarò e dica che l’Italia, come la Spagna, dovrebbe proporre un’alternativa politica seria, che abbia come obiettivo la crescita industriale. Alternativa che, però, non c’è.
Se da una parte il Terzo Polo propone un governo di unità nazionale oppure un governo con la maggioranza eletta nel 2008, ma non guidato da Berlusconi, dall’altra parte il triumvirato Bersani – Di Pietro – Vendola chiede quotidianamente le dimissioni del premier
Ma la sinistra italiana è capace di proporre un’alternativa credibile? I presupposti fanno intendere che la risposta è no. Il primo fattore è l’eterogeneità dei partiti che dovrebbero comporre la coalizione di centro-sinistra: Vendola è legato a idee e stereotipi ormai vecchi; il Pd è (come il Pdl) confuso e diviso tra le varie correnti; l’Idv è un partito manettaro che non può che produrre molto attrito con i democratici. Ma, oltre a queste constatazioni, c’è da dire che un eventuale governo di sinistra difficilmente porterebbe a termine le riforme richieste da Draghi e Trichet.
Perché? Il motivo sta soprattutto nella presenza di Vendola, legato (ora più che mai) ad una politica economica statalista; c’è anche Di Pietro, che ha promosso il referendum abrogativo sulla legge che “privatizzava” i servizi idrici; infine c’è il Pd che dice di voler privatizzare e liberalizzare, ma poi si smentisce.Ricordate lo scorso giugno? Bersani & co. facevano la campagna pro-referendum, perché pensavano (sbagliando), che se avesse stravinto il Sì, come è accaduto, Berlusconi sarebbe andato a casa.
Ed allora, ecco che, dopo la lettera di Trichet, il Pd è tornato all’attacco parlando di liberalizzazioni, ma allo stesso tempo viene contraddetto da Vendola e dagli Indignados. A questo punto Bersani si trova ad un bivio: sponsorizzare gli Indignados e aprire ad una politica neo statalista? Oppure imboccare la strada tracciata dalla BCE?
Ed allora, un’altra domanda sorge spontanea: in questo periodo, la politica è in grado di raggiungere un minimo accordo, per non far sprofondare ancor di più l’Italia? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto, domani scadrà – dicono – l’ennesimo ultimatum.

sabato 22 ottobre 2011

Gheddafi e piazzale Loreto



da Il Futurista


di Marco Mitrugno


La cattura e la successiva morte di Gheddafi, sono una grande notizia per tutto il popolo libico. Si è concluso un periodo lungo 42 anni, composto da una dittatura durissima imposta dall’ex raìs. Quello che si apre ora, è per la Libia un percorso importantissimo: i libici dovranno dimostrare di saper andare oltre alle singole lotte tra le tribù, per poter garantire allo “scatolone di sabbia” un futuro democratico. Non è un’operazione facile, visto anche il modo in cui è stato freddato Gheddafi: un colpo alla tempia da distanza ravvicinata. Un modo di agire, questo, che ha costretto il Cnt ad aprire un’indagine interna. In effetti, bisognerebbe puntare i riflettori sull’esecuzione sommaria di Gheddafi. Un processo, sarebbe stato più giusto; sicuramente il popolo libico gradisce di più la morte immediata del dittatore. Ma da Mussolini a Gheddafi, la storia ci ha insegnato che è ingiusto condannare a morte una persona preventivamente. Per carità, non si vuole condannare l’impegno bellico della Nato, da sempre sostenuto. Semplicemente un normale processo, sarebbe stato più adatto. Per dirla (più o meno) come Flavia Perina, sembra di essere di fronte ad una riedizione di piazzale Loreto. 

giovedì 20 ottobre 2011

Indignati ormai senza credibilità



di Marco Mitrugno
Non è semplice fare analisi dopo l’inferno di Roma. Innanzitutto,tutto il mondo politico dovrebbe condannare in modo unanime quello che è accaduto sabato, senza alzare polveroni complottisti come qualcuno sta cercando di fare. In secondo luogo si dovranno individuare tutti quei pazzi, che hanno messo a ferro e fuoco la città e ci sono i video, di giornali e telegiornali, dove si notano alcuni teppisti a volto scoperto, che sono facilmente riconoscibili. Qualcuno, infatti, è già stato preso.
Un esame di coscienza deve farselo tutta la società italiana. I primi a scavare nel proprio intimo dovranno essere coloro i quali hanno cercato di giustificare la furia dei violenti: a partire da don Vitaliano, che ha scaricato la colpa sui politici, cercando di “assolvere dal peccato” i black bloc. Gli altri che dovrebbero riordinare la propria coscienza, sono quei manifestanti che, interpellati dai giornalisti, ritengono normale la violenza in manifestazioni di questo genere. La violenza di una massa di teppisti non deve essere una consuetudine: non si può accettare che una città come Roma debba essere messa sotto scacco, da un gruppo di vigliacchi con la faccia coperta; non si può accettare che vengano distrutti negozi, banche, auto, case, che sono il frutto di anni di lavoro.
Una cosa è certa: il movimento degli Indignados (almeno quello italiano), si è giocato la propria credibilità. Per un semplice motivo: dal G8 di Genova, tutto il mondo è a conoscenza che in manifestazioni di questo genere c’è il rischio reale che si possano infiltrare i black bloc (cosa che si è realizzata perfettamente) e quindi un maggiore controllo da parte degli organizzatori sarebbe potuto essere utile per garantire lo svolgimento regolare del corteo. Inoltre in queste ore c’è chi (come al solito) vede nelle azioni della Polizia e dei Carabinieri un abuso di potere. Le Forze dell’Ordine dal 2001, quando ci fu la morte di Carlo Giuliani (idolo dei black bloc), non hanno l’autorizzazione a rispondere alle provocazioni dei facinorosi. Infatti, chi ha visto le dirette di ieri su Rai News 24, Sky, Corriere e Repubblica, ha potuto notare che gli uomini in divisa hanno effettuato cariche di alleggerimento e nessun poliziotto o carabiniere si è accanito contro un black bloc. Ma purtroppo, in Italia, siamo abituati ai condoni, da quelli edilizi a quelli penali. E’ la dimostrazione sta nel numero di arresti effettuati dopo gli scontri: solo dodici a fronte di almeno mille presenze violente; poi basta leggere i giornali esteri (e non) e si scopre che a New York sono state arrestate 700 persone e non si è vista l’ombra una vetrina in frantumi. Ora chi pagherà i danni? Chi pagherà le auto e le case incendiate? Chi pagherà le vetrine dei negozi? Naturalmente le pagheranno quelle persone oneste, che la mattina si alzano per mandare avanti una famiglia.
Allora , cari Indignados, invece di organizzare manifestazioni strumentali, prive di proposte reali, fareste bene a studiare l’economia mondiale. Sicuramente capireste che in un periodo come questo, lo Stato non può assumersi responsabilità che lo condurrebbero sempre più nel baratro. Lo stato deve alleggerirsi, privatizzando i carrozzoni (ad esempio le Poste), tagliando gli sprechi e chiedendo un aiuto ai privati. Solo così possiamo uscire da questo vortice infernale.

Abbiamo la soluzione per la crisi




di Marco Mitrugno

Tutti i giornali parlano della lamentela che oggi ha fatto Berlusconi, riguardo il decreto sviluppo: mancano soldi, di conseguenza è rinviata l’approvazione del decreto sviluppo. A parte il fatto che per il decreto sviluppo non c’è bisogno di soldi, ma si deve avere la volontà di liberalizzare, la soluzione al disagio manifestato dal premier l’ha fornita Margherita Boniver, deputata del Pdl e presidente del Comitato Schengen. L’idea della deputata, che ha del miracoloso, consiste in questo: l’Italia deve stampare soldi. Infatti la Boniver ha dichiarato: "Se il governo non riesce a trovare risorse finanziarie per il dl sviluppo, che stampasse denaro .Dopo tutto per usare un paradosso battere conio era una delle prerogative di uno Stato che si rispetti". Peccato che il compito di stampare i soldi è della Bce.
Se fosse così semplice, l’Italia sarebbe i

lunedì 17 ottobre 2011

Da Almirante a Berlinguer, passando per Moro. Quei politici che della moralità facevano un bandiera




da Akropolis Magazine


di Marco Mitrugno


Nell'era scilipoti, ricordiamo tre grandi



In un periodo come questo, in cui la crisi economica non lascia scampo alla gente, in cui il Governo è impegnato a mantenere un premier  ormai logoro a palazzo Chigi, in cui gli “indignados” italiani scendono in piazza, ci sarebbe bisogno di politici con la spina dorsale dritta, di gente capace di prendere per mano il paese e portarlo fuori dal baratro. Ma poi le persone comuni ci pensano: com’è possibile trovare politici di questo tipo quando siamo nell’era degli Scilipoti, Siliquini, Moffa, Razzi e Calearo? Com’è possibile immaginare l’Italia fuori dal vortice della crisi, se in Parlamento sono impegnati a mantenere in vita un esecutivo incapace?
Ed allora ecco che arriva lei, la nostalgia. La nostalgia di quei grandi uomini della Prima Repubblica, che hanno fatto la storia dell’Italia nel dopoguerra. Da Almirante a Berlinguer, fino ad arrivare ad Aldo Moro. Tre figure importanti della storia politica italiana. Tre percorsi, uno diverso dall’altro.
Giorgio Almirante, reduce dalla RSI, che nel 1946 fonda il Msi, senza alcuna paura, sapendo che sarebbe andato incontro alla ghettizzazione del partito. Ma non lo fermò nemmeno questo; sono 42 gli anni di militanza di Almirante nel Movimento Sociale Italiano, fino al giorno della sua morte, il 22 maggio del 1988, data in cui l’intero popolo della destra (e non solo) si strinse intorno alla figura dello storico segretario del partito post fascista. Una storia difficile quella di Almirante: non era ben visto, era etichettato come ‘fascista’, anche se riuscì a portare il Msi ad accettare le istituzioni repubblicane, tanto che in un’intervista dichiarò che voleva lasciare il partito in mano ad una persona che fosse nata dopo la guerra, che non era fascista e che non era nostalgica.
Dall’altra parte c’era Enrico Berlinguer, storico leader del Pci. Ha infiammato i cuori di migliaia di militanti comunisti. Anche lui, come Almirante, ebbe idee estremiste: fu un grande sostenitore di Stalin e della dittatura sovietica, tanto che alla morte del politico russo fece un discorso pieno di elogi. Fu a favore dell’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe russe, durante la rivolta di Budapest del 1956. Con il passare del tempo cambiò le sue posizioni, infatti si scagliò contro Mosca quando ci fu l’invasione della Cecoslovacchia e ciò portò Berlinguer ad entrare nei nemici del PCUS. Morì nel 1984, a causa di un ictus, avuto durante un discorso. Nonostante il malore continuò a parlare fino allo stremo, tanto che gli stessi militanti chiesero al segretario di smettere. Durante i funerali il presidente Pertini si chinò sulla bara e vi fu la presenza anche di Almirante, storico nemico di Berlinguer.
In mezzo a Msi e Pci, c’era la Dc, che ha rappresentato l’Italia per cinquant’anni. Uno dei più alti rappresentanti, dal punto di vista morale, è stato Aldo Moro. Era considerato un ottimo mediatore tra le varie correnti della Democrazia Cristiana. Negli anni sessanta era un sostenitore di un governo formato da democristiani e socialisti, ne fu talmente convinto che durante il congresso di Napoli del 1962, riuscì a far convergere tutto il gruppo dirigente del partito sulla sua posizione. Ci riuscì anche nel 1978, quando convinse la Balena bianca, che si doveva aprire ad un governo di solidarietà nazionale con il Pci. Questa sua iniziativa, però, li costò la vita. Nel marzo del 1978 fu rapito dalle Brigate Rosse e nel maggio dello stesso anno fu ritrovato il suo corpo senza vita.
I politici del 2011, non devono essere uguali a quelli degli anni settanta, sarebbe impossibile e sbagliato. Ma almeno potrebbero prendere un piccolo spunto da quei grandi uomini. Si faccia il confronto con la morale di allora e quella di oggi. Nel lasso di tempo che viviamo noi, si sente parlare di bunga bunga di ‘sistema Penati’ e chi più ne ha più ne metta, un minimo della decenza che i politici avevano negli anni settanta servirebbe a tutti.

giovedì 13 ottobre 2011

Affondo del Pdl sulla legge bavaglio



da Il Patto Sociale


di Marco Mitrugno 


La legge bavaglio voluta dal Pdl, continua il suo iter parlamentare. Nei giorni scorsi si è dimessa la relatrice del disegno di legge, Giulia Bongiorno, parlamentare di Fli. Lo scontro più aspro si è avuto sull’articolo 29 della legge, che di fatto equiparava i blog e i siti non giornalistici alle testate registrate regolarmente. Inoltre un’altra questione che sta accendendo gli animi è quella riguardante il carcere peri giornalisti: l’onorevole Paniz ha chiesto per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni sanzioni penali, che arrivano al carcere. Una manovra politica che piace a pochi, persino all’interno del Pdl c’è chi è perplesso. Ma d’altronde si sa, la riforma sull’uso delle intercettazioni è l’ennesima legge ad personam voluta da Berlusconi, per salvaguardarsi.
Intanto si sta mobilitando il mondo del web: dalle grandi testate giornalistiche a quelle più piccole, dai movimenti di liberi cittadini a “istituzioni” del web come Wikipedia. L’enciclopedia online, è stata chiusa dal 4 al 6 ottobre, per protestare contro il disegno di legge che il Governo sta studiando. Gli utenti italiani non hanno potuto usufruire delle risorse del sito web. Nei social network è scattata la rivolta: su Facebook e Twitter, migliaia di persone hanno espresso la solidarietà allo staff di Wikipedia, ma nessuno conosce il destino di molti siti web. Se la legge riguardante le intercettazioni, dovesse prendere la strada indicata dai deputati del Pdl, molti portali liberi spariranno dallo scenario di internet.
Oltre ai blog, alle enciclopedie come Wikipedia, rischiano anche i giornalisti. Nel 2011 ascoltare proposte come quella dell’onorevole Paniz, fa rabbrividire. Ammesso che ci sia un abuso delle intercettazioni (che esiste ed un problema da risolvere), non si può limitare il mestiere del giornalista, cioè quello di informare la gente. Nell’era del web non si può porre un freno all’informazione. Le notizie si propagano in men che non si dica: lo sa chi legge i giornali online, lo sanno gli stessi politici.
Intanto si è fatto risentire Berlusconi. Il premier, in un videomessaggio, pubblicato sul sito dei ‘Promotori della Libertà’, ha detto che non si dimetterà, poiché in un momento di crisi come questo, il Paese ha bisogno di stabilità politica. Vale a dire che se dovesse andarsene lui, l’Italia cadrebbe in un baratro. In più ha parlato di riforme. Una delle più importanti (tanto per cambiare) è quella della giustizia. Secondo Berlusconi si deve fare in questa legislatura, perché chi verrà dopo di lui ne potrà beneficiare. 

giovedì 6 ottobre 2011

Processo Meredith: tra sentenza e spettacolo



di Marco Mitrugno

LA SENTENZA RIGUARDANTE L’OMICIDIO DI PERUGIA HA ASSOLTO SOLLECITO E LA KNOX. ALL’INTERNO E FUORI DALL’AULA ERANO RADUNATE DUE OPPOSTE “TIFOSERIE”: COSÌ SI RIAPRE LA POLEMICA SULLA SPETTACOLARIZZAZIONE DEI PROCESSI.

Lunedì sera alle 21:45 circa, la Corte d’Appello del tribunale di Perugia si è pronunciata sul caso dell’uccisione di Meredith. Sono stati assolti con formula piena Raffaele Sollecito e Amanda Knox, che adesso sono a casa propria: a Bisceglie Sollecito, a Seattle la Knox. Una vicenda strana, quella di Perugia. Secondo alcuni, sono stati commessi errori da parte dei PM dell’accusa e della polizia scientifica, che hanno condotto le indagini. Di fatto, la sentenza di primo grado è stata sovvertita: Sollecito era stato condannato a 25 anni di reclusione, Amanda a 26 anni. Ora sono tutti e due liberi, “per non aver commesso il fatto” secondo i giudici della Corte d’Appello di Perugia.
Il processo è stato seguito dagli Usa e dall’Inghilterra. Nella terra dello zio Sam giornalisti e sostenitori di Amanda hanno festeggiato, perché, dal loro punto di vista, è venuta fuori la verità. In Inghilterra le reazioni sono state più dure: i vari giornali hanno attaccato la “volpe” Amanda e alcuni magistrati italiani. Ha voluto esprimere la sua opinione ancheDavid Cameron, capo del Governo conservatore di Londra, che ha fatto sapere che non è stata fatta giustizia per Meredith. Sono rimasti delusi anche i familiari della vittima, che si erano costituiti parte civile nel processo. Il fratello di Meredith ha dichiarato che la sua famiglia non è il partito dei colpevoli, quindi accettano la sentenza, ma vogliono che si faccia chiarezza sull’omicidio. Sono state più dure la sorella e la madre di Meredith, che di fatto hanno snobbato Amanda. Intanto i PM dell’accusa hanno fatto sapere che sarà presentato ricorso in Cassazione, quindi il caso è ancora aperto, anche se sembra difficile che i giudici della Cassazione possano condannare nuovamente Raffaele e Amanda.
La sentenza però non ha avuto ripercussioni solo dal punto di vista giuridico. Nell’opinione pubblica c’è stata una divisione, opposte tifoserie: innocentisti e colpevolisti. Appena è stata annunciata la decisione dei giudici di Perugia, fuori dal tribunale è partita una contestazione, contro la decisione. Un mix di “vergogna” e “assassini”, ha ravvivato i momenti appena successivi alle lettura della sentenza. All’interno dell’aula, invece, si respirava un’aria diversa: lì erano accampati gli innocentisti, che hanno accolto con un boato la sentenza, tanto che il presidente della Corte ha dovuto richiamare più volte l’aula all’ordine. Come se non bastasse su Rete 4 era in onda una puntata di Quarto Grado, che seguiva in diretta la lettura della sentenza. Salvo Sottile, sembrava pressoché entusiasta di poter essere uno dei pochi che aveva le immagini in diretta che arrivavano dal Tribunale di Perugia. Sembrava di essere davanti ad una partita di calcio. Sottile si collegava con gli Usa, dove si festeggiava. Come se non bastasse ci si è messo anche Vespa, con Porta a Porta, ma senza il plastico. Gli ospiti erano sempre gli stessi: psichiatri, criminologi, che si battevano tra loro sulla sentenza, se fosse giusta o meno.
Questo è sintomo di un’Italia malata. Tutti fissati con il gossip sugli omicidi, le discussioni (anche accese) su indagati e colpevoli. Una scena già vista altre volte con il caso di Cogne, di Avetrana, di Melania Rea e adesso quello di Perugia. L’italiano medio si aggrappa a questi “spettacoli”, a programmi come  Quarto Grado, che sicuramente non offrono un buon servizio, ma fanno ammorbare la gente alla vita di altre persone, che in quello stesso momento vivono gli istanti più brutti della loro esistenza. Forse dovremmo farci un esame di coscienza.

mercoledì 5 ottobre 2011

Una sanitopoli pugliese?




di Marco Mitrugno

Le indagini per lo scandalo della sanità pugliese sono concluse. Gli indagati sono 41, tra i quali spicca l’ex assessore alla Sanità della giunta Vendola, Alberto Tedesco, che adesso siede tra i banchi del gruppo Misto a Palazzo Madama. I pm sono pronti a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati. A venti di loro viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzato alla truffa contro la pubblica amministrazione, ma  ci sono altri reati a carico, come la turbativa di gara d’appalto, concussione e abuso d’ufficio. Oltre a questi, i capi d’imputazione risultano essere più di trenta alla chiusura delle indagini preliminari. 

Il sistema Tedesco era un vero e proprio gruppo di potere che, secondo i magistrati, tra il 2008 e il 2009, avrebbe controllato le gare d’appalto sulle riforniture alle Asl pugliese. Gli inquirenti credono che le gare d’appalto pilotate siano almeno cinque. Naturalmente per ‘dirottare’ le gare doveva esserci qualcosa in cambio. Infatti la Procura afferma che venissero “inseriti ai vertici delle Asl direttori generali di propria fiducia, i quali, in accordo con i referenti politici, nominavano a loro volta, su indicazione dei referenti politici, come direttori amministrativi e sanitari e come primari persone legate ad Alberto Tedesco e a Malcagni (ex segretario di Tedesco) in modo” continua la Procura “da costituire una rete che era in grado di controllare forniture e gare di appalto che venivano illecitamente pilotate verso imprese facenti capo ad imprenditori collegati da interessi familiari ed economici con i referenti politici e che erano in grado di controllare rilevanti pacchetti di voti elettorali da dirottare verso Tedesco in occasione delle competizioni elettorali.”
In più, nelle carte della Procura si può leggere quale era  il ruolo di Tedesco all’interno dell’associazione. I pm scrivono: “Quale assessore della Sanità della Regione Puglia ed esponente di spicco organizzava e guidava l’intera struttura; (…) sui vertici amministrativi per destituire dal loro incarico persone che non obbedivano ai suoi ordini”. 
Chi ha una buona memoria, ricorderà che la Procura di Bari aveva chiesto l’autorizzazione al Senato per procedere con l’arresto, autorizzazione che non è stata concessa. A carico di Tedesco ci sono vari reati: abuso d’ufficio, turbativa d’asta, concussione e concorso in falso.

Oltre all’ex assessore e ora senatore, ci sono altri indagati eccellenti, come Lea Cosentino ex direttore generale della Asl di Bari, gli ex direttori generali dell’Irccs ‘De Bellis’ di Castellana Grotte, Giuseppe Liantonio, e dell’ospedale oncologico di Bari. Ma gli indagati non sono solo dirigenti sanitari, nell’elenco, infatti, c’è Antonio Decaro, attuale capogruppo del Pd in consiglio regionale. Secondo le indagini dei pm, Decaro avrebbe cercato un favore di Tedesco per aiutare un suo parente impegnato in un concorso pubblico. 

sabato 1 ottobre 2011

La Lega tra Romano e la base




di Marco Mitrugno
Dopo il voto contro la sfiducia al ministro dell’agricoltura, Saverio Romano, nella Lega è scoppiata una vera e propria rivolta. La base del partito di Bossi non ha accettato la scelta dei vertici nazionali, tanto che qualche militante in camicia verde è arrivato a dire che i capi del Carroccio non saranno risparmiati dal lancio di monetine. Una situazione, quella che si sta sviluppando in casa Lega, che sta mettendo in seria difficoltà i vari Bossi, Maroni e Calderoli.
I militanti leghisti non capiscono che fine abbiano fatto gli ideali della Lega. Tutti ricordano che nel 1993 dai banchi del Carroccio, spuntavano i cappi, adesso non si capisce come un partito che lottava per la legalità abbia perso la faccia in meno di due settimane: dal salvataggio di Milanese a quello di Romano. Su internet è partita la rivolta della base leghista. Sui forum di matrice padana non viene risparmiato nessuno, da Bossi a Berlusconi. C’è chi dice:”Vergogna a tutti i leghisti che hanno permesso che il Parlamento diventi rifugio per delinquenti.” Chi con Berlusconi perché non fa chiarezza sulle sue posizioni nei vari procedimenti giudiziari a suo carico. Ci sono i nostalgici, che ricordano i primi anni di vita del partito di via Bellerio, quando Bossi si scagliava contro la partitocrazia, contro la mafia e l’illegalità e parlava di secessione senza alcuna paura. Ed infine c’è chi dice che la Lega cerca di confondersi tra partito di lotta e di governo.
E’ una linea politica che non va giù agli amministratori e agli elettori leghisti. Infatti ci sono casi di outing, come quello del sindaco di Macherio, che non è riuscito a trattenersi e in una lettera inviata al Corriere ha espresso tutto il suo rammarico per la gestione del partito da parte dei vertici romani. Giancarlo Porta, non ha peli sulla lingua, non ha paura di essere espulso e in tal caso dice di volersi rimettere ai leader del Carroccio. “Ho anch’io i miei sospetti sui mille interessi della Lega” scrive “Mi prende profonda tristezza nel vedere traditi i miei ideali di onestà, rettitudine e coerenza delle idee”. Una lettera dura che ne ha per tutti, Porta dice di non essere un traditore, “Traditore è chi guadagna poltrone, non chi le perde. Dall’interno poi vedo troppi ‘furbi’ che si azzuffano per le poltrone, ovviamente imbottite di stipendi”. Ed infine il colpo finale, riservato a Roberto Calderoli, che a Venezia aveva detto ai sindaci che ‘senza la Lega non siete niente e ritornerete polvere’. Un’affermazione che non è piaciuta a Porta, che ha replicato:”Non può denigrare in questo modo chi lavora per il bene del popolo e soprattutto per dare alla Lega una bella immagine, quella che si meriterebbe. Forse anche lui prima di fare il ministro avrebbe fatto meglio a ricoprire l’incarico di sindaco.” Un attacco duro, che mai nessuno aveva fatto a viso aperto contro i vertici leghisti.
Una cosa è certa: da quando la Lega è entrata nei palazzi del potere ha cambiato atteggiamento. Non parla di secessione, ma di federalismo. Lottava contro il potere politico nelle società pubbliche, oggi è il partito che ha le mani in pasta, più di chiunque altro. Bocconi che non scendono ai militanti che fanno politica per strada, tanto esasperati da sperare che il governo cada il prima possibile.

Nasce Akropolis!



Pochi giorni fa è nata l'associazione Akropolis. Il movimento è apartitico e indipendente.


Insieme all'associazione nasce Akropolis Magazine, un nuovo webzine che si occuperà di politica, ambiente, territorio e mondo. Al progetto hanno aderito numerosi ragazzi, con l'obiettivo di rendere dinamica la redazione del magazine.


Il Manifesto dell'associazione:



La nostra associazione vuole essere un luogo in cui possa rinascere la partecipazione. Comunità come luogo nel quale l’individuo torna a realizzarsi, luogo in cui si circoscrive il pensare e l’agire dell’uomo, luogo in cui i talenti e le capacità vengono esaltati, in cui il desiderio di essere utili al prossimo e di contribuire attivamente al dibattito culturare, sociale e politico, prevalga.
Il Coraggio di mettersi in gioco personalmente e di lottare per le proprie idee, di difendere i propri principi, anche a costo di vedere messo in discussione il proprio interesse materiale; il Rispetto per chi con coerenza persegue le proprie convinzioni, convinti che qualunque attività umana caratterizzata da una dicotomia tra ciò che proclama e ciò che pratica sia destinata al naufragio; la Giustizia come desiderio individuale e comune, come difesa di coloro che sono stati lesi, argine al potere che si considera onnippotente nei riguardi della collettività così come dei singoli; la Conoscenza come obbiettivo di una perenne ricerca, unico alimento dell’inestinguibile fame dei nostri spiriti. Questi sono i nostri valori, questi gli ideali che speriamo possano tornare al centro dell’Agire Culturale e Politico.
Forte è in noi la consapevolezza di una grande eredità storica e culturale: le radici classiche e quelle rinascimentali e i valori che in queste due epoche si sono manifestati c’ispirano, e nostro desiderio è farci portatori di questa tradizione, che da sempre è il vero spirito della nostra Comunità Nazionale.
Comunità Nazionale che per noi dev’essere come una polis dalle molte porte sempre pronte ad accogliere idee diverse, anima del dibattito nelle piazze e sotto i portici; motivo di rinnovamento nella consapevolezza che i valori della città sono ben custoditi dalle alte mura dell’acropoli, l’ideale luogo attorno al quale tutta la Comunità si raccoglie al di là delle divisioni sorte per le strade.
Questo è dunque il nostro impegno, quello di farci attori e non più spettatori, di lottare in prima linea per le nostre convinzioni, per l’ambiente inteso come Natura da rispettare e salvaguardare, per la Società intesa come vitale fulcro dell’attività umana, per la difesa del nostro patrimonio Culturale, materiale e spirituale, accanto alla quale vogliamo mettere lo stimolo all’attività culturale presente, facendoci luogo dove giovani capaci e di talento possano trovare spazio.
Non ultima nostra ambizione è quella di voler rinunciare all’attuale divisione tra, da una parte, l’attività intellettuale e spirituale e, dall’altra, quella propria dell’agire sociale e politico, convinti, come lo erano anche i nostri antenati elleni e romani, che l’uomo completo debba saper adoperare parimenti l’arco e la lira, e che il cantore e il guerriero, il politico e il filosofo debbano congiungersi perchè si possa dar vita a quel nuovo Rinascimento tanto a lungo auspicato.