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lunedì 19 dicembre 2011
giovedì 15 dicembre 2011
CasaPound e i processi mediatici
di Marco Mitrugno
SE SI FA DI TUTTA L'ERBA UN FASCIO
Sono passate appena ventiquattro ore da quando Gianluca Casseri, individuo evidentemente instabile mentalmente, ha ucciso due senegalesi, ne ha feriti altri tre in modo grave e infine si è puntato l’arma su di sé togliendosi la vita. Tutto questo è accaduto in una mattinata, a Firenze, capitale della cultura italiana. La città è rimasta scioccata dall’accaduto, perché non è un posto abituato a certi avvenimenti. Ma di fatto è accaduto e subito gli organi d’informazione si sono lanciati per fornire l’identikit di killer. Appena si sono avute notizie certe sull’identità dell’uomo si è messa in moto la caccia al “fascista”: già, perché a quanto pare il killer era una simpatizzante di estrema destra e di CasaPound.
Gira e rigira ha avuto inizio il processo contro l’associazione guidata da Gianluca Iannone, tanto che, nonostante avessero già pubblicato un comunicato stampa dove dicevano di essere lontani dalle azioni del Casseri, questa mattina sono stati costretti a convocare una conferenza stampa per chiarire una volta per tutte la loro posizione.
Ma ciò che ha lasciato interdetti, è stato l’atteggiamento tenuto dal alcune trasmissioni televisive e alcuni giornali che hanno trattato l’argomento. Ieri sera su Raitre, alle ore 20, è andato in onda il programma condotto da Lucia Annunziata, al quale hanno partecipato il ministro Riccardi, l’onorevole Granata di Fli e il massimo rappresentante di CasaPound, Gianluca Iannone. Lo spettacolo è stato raccapricciante: la Annunziata ha cercato in tutti i modi di provocare Iannone, lanciando frecciate in continuazione e mettendo in dubbio l’operato di CasaPound. Dall’altra parte è stato bravo, il rappresentante dell’associazione, a non cadere nella trappola, spiegando per filo e per segno le attività culturali e politiche portate avanti dai ragazzi iscritti. Ma come se non bastasse, non è finito tutto con il programma della Annunziata, perché il processo è andato avanti, sempre sulla stessa rete (Raitre) con Linea Notte, l’approfondimento della seconda serata del Tg3. Infatti, in apertura il giornalista ha subito commentato quanto è accaduto a Firenze e ha dipinto il killer come un assiduo frequentatore di CasaPound, facendo ricadere tutti i sospetti sull’associazione.
Ma CasaPound non è niente di tutto ciò che è stato detto. CasaPound è un’associazione di promozione sociale, che prende il nome dal poeta del Novecento Ezra Pound. E’ una casa per tutti i ragazzi che non si sentono rappresentati dai partiti che in questo momento occupano lo scenario politico nazionale. Dicono di non essere né di destra né di sinistra, vogliono la nascita dell’EstremoCentroAlto. Rompono gli schemi, mettono in scena goliardate, promuovono cultura, sono solidali. CasaPound è una grande famiglia, una Comunità con la “C” maiuscola, è una comunità in continuo movimento che porta avanti battaglie senza avere paura di niente e di nessuno. Cercano di far conoscere la loro musica, la cosiddetta “musica non conforme”, con un gruppo rock, gli ZetaZeroAlfa. In più sono presenti anche nelle scuole, con il Blocco Studentesco, che con il passare degli anni sta raccogliendo grandi consensi nella comunità studentesca.
Quindi, quella di CasaPound, è un’attività facilmente condannabile, per le sue caratteristiche radicali e franche (da quelle parti non usano i giri di parole per comunicare), ma non per questo bisogna condannare preventivamente un’intera associazione perché un suo simpatizzante (nemmeno iscritto), ha messo in scena una strage. E’ come dire che tutti gli italiani sono mafiosi, perché in Sicilia esiste la mafia.
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mercoledì 30 novembre 2011
Goodbye Grande Fratello
da Il Futurista
Adesso tutti avranno il lutto al braccio. Tutti quei fighetti che non sanno vivere senza Grande Fratello e discoteca; tutti quei poveri adolescenti secondo i quali “se non guardi il GF sei un povero vecchio”; tutti quelli che dicono “se non guardi il GF sei un asociale”; e, infine, tutti quei radical chic pronti a fare la morale, ma che di morale loro non hanno niente. Per fortuna la casa di Cinecittà non attrae più come in passato. Per fortuna è arrivato Fiorello, viene quasi da cantare “Meno male che Fiorello c’è!”. C’è lui adesso il lunedì, a far mangiare la polvere alla Marcuzzi (la scorsa puntata Rai1 ha collezionato il 43% di share contro il 14% del GF). Ci fa ridere, con le solite imitazioni dal cantante Morgan, a Camilleri, poi gli sketch con il fratello Beppe, la buona musica con Bublè, i Coldplay, Tony Bennet e la straordinaria Giorgia che chiude tutte le puntate con un revival anni ’60. Finalmente il servizio pubblico rende interessante la rete ammiraglia della Rai, che, di fatto, oltre lo show di Fiorello, non offre più nulla. Ma la cosa più bella è che lo spettacolo viene seguito da giovani e anziani: nipoti e nonni si siedono davanti al televisore per farsi due risate, come per riscoprire un legame, che con la generazione dei reality era venuta a mancare. E poi c’è da commentare l’intelligenza di Fiorello nell’usare i social network come Twitter: i giovani pubblicano video e imitazioni del comico, commentano con gli amici e una cosa del genere non era mai successa.
Al Grande Fratello, non resta che celebrare il proprio funerale, al quale parteciperò con sommo piacere.
giovedì 17 novembre 2011
Una nuova fase
da Akropolis Mag
di Marco Mitrugno
BASTA CON LE SOLITE FACCE
Dunque, Mario Monti sarà il nuovo Presidente del Consiglio. Dopo le dimissioni di Berlusconi, ora l’incarico verrà dato all’ex rettore della Bocconi. Dalle 21.42 di sabato Berlusconi non è più il Presidente del Consiglio. Le reazioni sono state varie: chi accoglieva il passo indietro del premier con diplomazia e chi, invece, ha fatto partire trenini nella piazza del Quirinale. Atteggiamenti che non sono piaciuti ai più. C’era chi parlava della fine di un dittatore, un termine un po’ forte, visto che l’ex premier era arrivato a Palazzo Chigi grazie ai voti degli italiani. E poi foto sul web che dicono “Libertà” come se fino ad adesso eravamo costretti al coprifuoco. Altro gesto ‘strano’, è stato quello del lancio delle monetine, scena di craxiana memoria, che di fatto ci ha fatto rivivere un nuovo Piazzale Loreto. Un atteggiamento, un “italian style”, modaiolo, che porta l’italiano medio a schierarsi dove c’è l’odore della vittoria. L’Italia ha vissuto, su per giù, la stessa situazione con la caduta del fascismo, dove gli italiani passarono da un giorno all’altro, alla parte avversa. Ma ciò che lascia stupiti è l’atteggiamento del Pd: davanti alla sede dei democratici, sono state stappate bottiglie di spumante. Ma forse, dalle parti del partito di Bersani, non si rendevano conto che ora non esiste più nessun alibi. Adesso la sinistra non potrà più limitarsi a chiedere le dimissioni di Berlusconi, ora deve proporre programmi e misure credibili. E come ha detto il prof. Campi, l’appoggio di un “capitalista” da parte di Pd e Sel, sancisce una sconfitta culturale per chi ha sempre combattuto il liberalismo.
In più ci sono le posizioni del Pdl, che, adesso più che mai, sta vivendo una crisi d’identità: non sa dove andare. Il ‘camerata’ La Russa, insieme al fido scudiero Gasparri, vorrebbe andare ad elezioni anticipate. L’ala di Frattini è per l’appoggio al governo Monti, ma poi ci sono le dichiarazioni di Cicchitto riguardanti le nomine di ministri politici:”Nessun appoggio al buio”. Insomma, il partito dell’amore, ormai privo della figura di Berlusconi a Palazzo Chigi, è spaesato.
Ora si apre una nuova fase. Si è chiusa la Seconda Repubblica e si è aperta la Terza. Fase che deve essere diversa da quella che si è appena conclusa. Abbiamo imparato che non c’è bisogno di “messia”, ma di programmi, di programmi che devono essere realizzati e non solo illustrati. Una Terza Repubblica che deve avere una classe dirigente nuova: bisogna chiudere con le facce vecchie, che vediamo ormai da trent’anni. E’ ora che si dia spazio ai giovani. Ovviamente, non si può avere un ricambio generazionale completo, però cominciare a non vedere più i vari Cicchitto, D’Alema, La Russa sarebbe un passo in avanti molto importante. Nella Terza Repubblica, i giovani devono rendersi protagonisti; devono credere nei sogni, devono credere nelle idee che diventano azioni. Inoltre si dovrà mettere da parte la demagogia e il populismo: non ci dovrà più essere spazio per movimenti populisti come Idv e Lega.
lunedì 14 novembre 2011
Frattini, La Russa e il Governo tecnico
di Marco Mitrugno
CON BERLUSCONI A CASA, SCOPPIA IL CAOS TRA I PARTITI
“I fascisti mandano tutto all’aria”. Così ha tuonato Franco Frattini, ministro degli Esteri dell’ormai defunto governo Berlusconi. Frattini si è scagliato, nei corridoi della Camera, contro la componente ex An che non vuole appoggiare un governo tecnico guidato da Mario Monti, ma che preferisce andare al voto anticipato. Quindi guerra interna tra La Russa, Gasparri, Meloni e Matteoli contro gli ex Forza Italia che, a questo punto, preferiscono sostenere un governo tecnico, pur di rimanere ai posti di comando. Ed ecco che le profezie si avverano: in molti avevano pronosticato che dopo la caduta di Berlusconi, nel Pdl sarebbe scoppiata una sorta di guerra civile. E così è stato. Intanto, però, La Russa ha risposto alle accuse di Frattini, dicendo di conoscere il ministro degli Esteri e chiedendosi se fosse un militante comunista.
Ma tra una litigata e l’altra continua il dibattito sul governo tecnico. Il Terzo Polo insieme a Pd e una parte del Pdl, sono sicuri che la scelta di un governo di transizione con a capo il professor Monti, sia la cura migliore per un’Italia che ha delle malattie profonde da curare. Dall’altra parte la Lega e l’Italia dei Valori, hanno dichiarato che siederanno tra i banchi dell’opposizione, ritenendo che la strada maestra in questo momento sia quella del voto anticipato, anche se Bossi è stato presente ad un vertice a Palazzo Grazioli.
Ora c’è da capire se una maggioranza che va dal Pdl al Pd, sia capace di approvare le riforme richieste dall’Europa. Per esempio: il Pdl e il Terzo Polo, sono d’accordo sull’innalzamento dell’età pensionabile. Il Pd lo è? A quanto pare no. Il partito di Bersani è spaccato in due, con una parte a favore delle richieste della BCE, dove c’è gente come Colaninno o Letta; dall’altra c’è l’ala di sinistra, che strapperebbe la lettera inviata a Bruxelles da Berlusconi, con gente come Fassina. Inoltre, una riforma di cui ha bisogno il Paese è quella elettorale. I partiti, dopo tante parole spese, avranno il coraggio di cambiare la legge elettorale, tornando alle preferenze. E, ultimo punto, si avrà il coraggio di tagliare i costi della politica, partendo dall’abolizione delle Province? Da qui si capirà se i partiti avranno il coraggio di cui c’è bisogno in questo momento di grande difficoltà.
lunedì 7 novembre 2011
Bersani riempe piazza S. Giovanni, ma non fa proposte credibili
da Akropolis Mag
di Marco Mitrugno
IL PD IN PIAZZA: TANTO FUMO E NIENTE ARROSTO
“In nome del popolo italiano”. E’ stato questo lo slogan scelto dai democratici per la manifestazione di sabato scorso a Roma. Manifestazione che voleva offrire la ricetta (dal punto di vista del Pd) alla crisi globale che sta attanagliando i bilanci degli Stati europei e non solo. Una folla immensa, gli iscritti e i simpatizzanti del partito di Bersani si sono riuniti nella piazza che il 15 ottobre è stato il teatro degli scontri tra black bloc e forze dell’ordine. Una folla, però, che non era lì per fare proposte, ma era lì ancora una volta per contestare Berlusconi. Attenzione, non so se vogliono prendere le difese di Berlusconi, anzi. Ma il premier è ormai morto politicamente e insieme a lui è morto l’antiberlusconismo.
In questo periodo l’Italia ha bisogno di riforme strutturali, non di partite di ping-pong, dove una parte scarica sull’altra le responsabilità della crisi. Il Bersani che ha parlato ieri dal palco della piazza sembrava quello che appare su Sky, lo “sgommato”, che non offre soluzioni, ma è ossessionato dalle dimissioni di B. E in effetti anche Silvio non ha cambiato copione: “Vado avanti. Ho i numeri”. Sembrava di essere sintonizzati su un canale satellitare. Il Pd, ha fatto una secca svolta a sinistra: ha accusato le destre europee di essere le responsabili della crisi; Bersani ha parlato di socialdemocrazia; ha attaccato la Merkel e Sarkozy, aizzando il popolo democratico, ma non ha offerto soluzioni. Non si è sentita una parola riguardante l’occupazione giovanile, non si è parlato di privatizzazioni, di liberalizzazioni. Ed allora una cosa è certa: Bersani non ha parlato in nome del popolo italiano: al massimo avrà parlato a nome della CGIL, che si ostina a dire “NO” ad ogni proposta che viene fatta.
A questo punto riesce difficile vedere il Terzo Polo convergere con il Pd: ci sono delle differenze abissali. Per esempio, la coalizione che racchiude Fli, Udc, Api e Mpa è a favore dell’innalzamento dell’età pensionabile. Il partito di Bersani è spaccato a metà: da una parte ci sono le anime più liberali (vedi Renzi), dall’altra c’è l’ala che vuole mantenere aperti i rapporti con Vendola, Di Pietro e la CGIL, perché ne sono a conoscenza dalle parti dei democratici: se il partito si schierasse a favore della riforma previdenziale, i voti provenienti dalla CGIL e dalla franchigia più a sinistra dell’elettorato Pd, andrebbero a finire nelle mani di Sel, che sarebbe fiero di arrivare intorno al 15%.
E proprio a proposito della spaccatura interna al Pd, bisogna fare una breve analisi. Ad oggi non possiamo sapere se Renzi sia un demagogo o meno, lo scopriremo con il tempo. Certo è che l’atteggiamento di molti militanti del Pd sia anti-democratico, da vecchio Partito Comunista, dove chi dissentiva dalla linea ufficiale veniva cacciato senza diritto di replica. Questo la dice lunga sull’aspetto conservatore che ha il partito e la sua base: dal loro punto di vista l’economia va rilanciata con una politica neo-statalista. Ma forse, sono poco informati, perché dovrebbero sapere che sessant’anni di politica statalista e dissennata ci ha portato in questa situazione, sull’orlo del baratro.
Infine, si apprende che il Pd sta pensando di presentare una mozione di sfiducia. Forse una mossa sbagliata, visto che si permetterebbe a Berlusconi di rinascere nuovamente. Ma tant’è che dalle parti di piazza Sant’Anastasia stanno pensando a questo.
Un ultimo appunto: caro Gigi Bersani, la smetta di usare quel “compagni”, è un termine anacronistico; lei non è il leader del mitico Pci, ma del Pd, un partito che non sa dove andare.
giovedì 3 novembre 2011
Italia nel baratro, la soluzione sono le riforme condivise
da Akropolis Mag
di Marco Mitrugno
Dopo l’annuncio da parte della Grecia, riguardante il referendum sul pacchetto di aiuti europei, l’Italia è entrata ufficialmente nel baratro. No, non è terrorismo, è la realtà: ieri la borsa di Milano ha chiuso con -6,8% e lo spread ha toccato quota 4,59%. Record storico. Subito è suonato l’allarme al Quirinale: Napolitano ora punta alle larghe intese e quindi a riforme condivise. Berlusconi è rientrato anzitempo a Roma, dove ha riunito i ministri e, forse, si è reso conto della gravità della situazione.
Tutte le forze politiche si sono rese disponibili per aprire un confronto (strano ma vero). La crisi sta uccidendo l’Italia e finalmente se ne sono resi conto tutti quanti. Certo c’è chi chiede le elezioni anticipate, ma questa strada non sembra quella giusta: in primo luogo perché l’Italia ha bisogno di riforme immediate che diano risposte ai mercatie andare alle elezioni significherebbe perdere altro tempo; in secondo luogo non dimentichiamo che ci sarà il referendum sulla legge elettorale e quindi tutti i politicanti che sono in procinto di lasciare il parlamento (e che con molta probabilità non vi faranno ritorno) hanno tutto l’interesse di andare alle elezioni con questo sistema elettorale. Ed allora, in questo momento storico, l’unica via percorribile sembra sia quella di un governo tecnico, che affronti i problemi e arrivi alle riforme condivise. Ora come ora, è inutile che Berlusconi continui a spacciare fumo dicendo che si faranno le riforme: il governo non ha i numeri per approvare provvedimenti importanti come quello riguardante i licenziamenti.
Per fortuna c’è Napolitano, che rende l’Italia credibile davanti agli occhi dell’Europa, anche se lentamente il nostro paese sta imboccando la strada che porta alle condizioni della Grecia.
mercoledì 2 novembre 2011
I giovani, la crisi e il lavoro
di Marco Mitrugno
Nel periodo di crisi finanziaria che stanno vivendo l’Italia e l’Europa, le incognite sono tante. Incognite che crescono giorno per giorno, visto lo scarsi impegno del Governo in questa materia. Tra le manifestazioni degli indignati, le riforme (tardive) volute da Berlusconi e una sinistra sempre più incerta, la gente, che vive il disagio finanziario giorno per giorno, non sa a che santo votarsi. La soglia di povertà si abbassa e i giovani hanno sempre meno prospettive di lavoro.
Si è arrivati ad un punto di non ritorno: o si fanno le riforme (e le si devono fare al più presto), o la strada che ci porta al default sarà in discesa. Le riforme necessarie, ormai, le conosciamo tutti: innalzamento dell’età pensionabile, privatizzazioni, liberalizzazioni e taglio degli sprechi nella pubblica. Checchè se ne dica, la politica sembra immobile, con, da una parte la maggioranza impegnata a fare i conti con i numeri per mantenere in vita l’esecutivo, dall’altra parte la sinistra che deve trovare la sua identità in campo politico-economico: liberale o statalista?
Nel frattempo, però, appena si è detto che il Governo ha deciso di mettere mano alle pensioni (finalmente), i sindacati, con la CGIL, hanno alzato un muro. Bisogna chiarire una cosa: in Italia vi è l’età pensionabile più bassa d’Europa; ci sono le baby pensioni, che di fatto sono un spreco, visto che si danno soldi pubblici a persone che hanno lavorato al massimo venti-venticinque anni. Ora, con questa situazione è più che giusto aumentare l’età pensionabile, portarla ad un’età ragionevole come i 67 anni. I soldi che si risparmiano con le pensioni, possono essere investiti nello sviluppo industriale, nell’istruzione, nelle infrastrutture.
Ma c’è un altro punto importante: la disoccupazione giovanile. Il tasso dell’inattività lavorativa da parte dei giovani è arrivato al 30%. Un dato inaccettabile. E’ evidente davanti agli occhi di tutti, che è difficilissimo trovare un posto di lavoro. Innanzitutto, bisogna far capire ai giovani, che il posto fisso è un’utopia, nessuno lo avrà più. E’ inutile che si protesti con la richiesta del posto fisso: è una domanda alla quale non può esserci risposta. Il futuro è nella flessibilità, che non vuol dire precarietà. I giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro devono adeguarsi alla flessibilità, altrimenti rimarranno disoccupati a vita. E’ ovvio, che non si può dire sì alla flessibilità lavorativa, senza ricevere qualcosa in cambio: è giusto, per i giovani che decidono di essere “flessibili”, che la busta paga sia più pesante, in modo tale da invogliare il ragazzo a produrre reddito, a produrre sviluppo. Inoltre, per essere realmente flessibili, lo Stato dovrebbe “addestrare” i giovani ad essere pronti a passare da un campo all’altro: per esempio è possibile per un dipendente passare da un’azienda informatica, ad un’azienda che si occupa tutt’altro.
Il futuro è questo. Sicuramente non è roseo come quello che hanno avuto le generazioni passate, ma solo così si può avere un lavoro, chi è in cerca del posto fisso, non troverà niente. A meno che non sia raccomandato da qualche santo in paradiso.
sabato 29 ottobre 2011
Lettera ai giovani
Cari giovani,
capisco la vostra rabbia essendo un vostro coetaneo e vivendo le stesse incognite per il futuro che vivete voi. Capisco anche la vostra disillusione nei confronti di una politica che pare sempre più arroccata nei palazzi del potere e poco vicina alle esigenze dei cittadini. Questo però, non giustifica il vostro totale disinteresse nei confronti della res publica, il vostro modo di fare da snob, come se la politica o l’impegno civico siano cose per i fessi o per i “vecchi”. Con questo modo di pensare vi farete rubare il futuro per la seconda volta: la prima ce lo hanno rubato le generazioni passate, che adesso pensano a non lasciare spazio ai giovani; la seconda volta lo fate voi da soli, con le vostre mani e con la vostra apatia. E, per piacere, smettetela di fare i soliti discorsi:”I politici sono tutti uguali”, è come dire che gli italiani sono tutti mafiosi. Ci sono migliaia di ragazzi che si impegnano in politica o nell’associazionismo, che sono ispirati non dalla carriera, ma dalla voglia di cambiare questa Italia e questo mondo. Sicuramente direte che è impossibile, ma niente è impossibile finchè c’è solo una persona pronta a difendere un sogno. Voi mi risponderete che quelle sono “cose” da grandi e che a vent’anni si deve pensare al divertimento e allo sballo perché si vive una volta sola. Avete ragione, ma oltre al divertimento si deve cercare di guardare avanti, al futuro che bisogna costruire mattone dopo mattone.
Inoltre vi fate influenzare facilmente da pseudo indignati che hanno soluzioni irreali per uscire dalla crisi. Vi lanciate contro l’innalzamento dell’età pensionabile, non sapendo che portando l’età pensionabile a 67 anni, lo stato risparmia denaro che può essere reinvestito in infrastrutture, scuola, sviluppo. Vi scagliate contro le privatizzazioni perché vi hanno inculcato l’idea che la gestione pubblica funziona bene e invece poi si scopre che non sapete che se la gestione è pubblica vuol dire che tutto è in mano ai soliti politici. Ed in più vi dico, lasciate perdere quei genitori che cercano di convincervi che l’impegno civico è cosa da gente matura e sbagliata. Loro, il futuro, se lo sono guadagnato lottando e facendo politica.
Ezra Pound diceva che gli indifferenti non hanno mai fatto la storia e non hanno mai capito la storia. Quindi avete due possibilità, un bivio davanti ai vostri occhi: da una parte, decidendo di rimanere indifferenti, la strada vi porterà ad essere semplici pedine dello scacchiere, farete parte di un mondo dove i potenti di turno vi useranno a loro piacimento e voi sarete le pecore, pronti a seguirli, perché, magari, vi hanno promesso qualcosa; l’alternativa (consigliata) è quella di diventare protagonisti del vostro tempo, di essere gli artefici del vostro futuro, di essere uomini liberi che non devono rendere niente a nessuno.
A voi la scelta.
martedì 25 ottobre 2011
La destra vivacchia, la sinistra litiga, l'Italia sprofonda
di Marco Mitrugno
Dopo la fiducia che il Governo ha incassato venerdì 14 ottobre, sostenitori ed esponenti politici di rilievo del Pdl, andavano in giro per le televisioni e le redazioni dei giornali, dicendo cheadesso si potevano fare le riforme: il decreto sviluppo (per tentare di far riprendere l’economia italiana) e l’immancabile riforma della giustizia, che, come ognun vede, in un momento di crisi globale come quello che stiamo vivendo è una priorità.
Ma non hanno fatto nemmeno in tempo a pronunciare la parola “decreto” (doveva essere approvato la scorsa settimana, peraltro), che Berlusconi ha “chiarito” la situazione dicendo che non ci sono soldi per redigerlo.In più ha aggiunto che non c’è fretta, e in effetti non ha torto: la crisi attacca continuamente i mercati dal 2008, siamo sull’orlo del default e (ovviamente) non c’è nessun motivo per correre, perché, si sa, in Italia abbiamo il miglior ministro dell’economia che ha già messo in ordine i conti. Che fretta avremo mai?
Ma non hanno fatto nemmeno in tempo a pronunciare la parola “decreto” (doveva essere approvato la scorsa settimana, peraltro), che Berlusconi ha “chiarito” la situazione dicendo che non ci sono soldi per redigerlo.In più ha aggiunto che non c’è fretta, e in effetti non ha torto: la crisi attacca continuamente i mercati dal 2008, siamo sull’orlo del default e (ovviamente) non c’è nessun motivo per correre, perché, si sa, in Italia abbiamo il miglior ministro dell’economia che ha già messo in ordine i conti. Che fretta avremo mai?
Peccato che la gente non riesca ad arrivare a fine mese, mentre la BCE chiede sempre più insistentemente la riforma delle pensioni, le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Inoltre ci si mettono anche gli imprenditori a fare da guastafeste, dicendo “il tempo è scaduto”, e Napolitano che chiede al Governo di darsi una mossa. Poi si scopre che i ministri Romani e Calderoli vogliono liberalizzare le imprese di facchinaggio, in modo tale da favorire la nascita di nuove aziende. Scelta saggia, cominciamo dalle cose importanti: a cosa serve liberalizzare gli ordini professionali, come quello degli avvocati o dei giornalisti? E poi c’è (ci sarebbe) anche il capitolo dedicato alle privatizzazioni, che sono utili per fare cassa e per togliere dalle mani della politica aziende come la Rai o le Poste.
Insomma, l’Italia è in mano ad un Governo immobile ed incapace di prendere decisioni, anche impopolari.Berlusconi e tutto il suo entourage sono impegnati a sopravvivere e non a tentare di far riprendere il Paese. Magari, se si sforzassero di occuparsi dell’economia nazionale, avrebbero aperto all’ipotesi di Governo tecnico, che possa dare fiducia ai mercati.
Ma si sa, Silvio non si sarebbe mai piegato alle richieste dell’opposizione ed in particolare del Terzo Polo. E la dimostrazione l’ha data nel giorno del voto di fiducia: pur di rimanere a Palazzo Chigi, ha riproposto gli stessi punti che descrisse nel settembre del 2010. Poi succede che uno come Aznar (non un komunista russo con la foto di Stalin sul comodino) sia ospite di Ballarò e dica che l’Italia, come la Spagna, dovrebbe proporre un’alternativa politica seria, che abbia come obiettivo la crescita industriale. Alternativa che, però, non c’è.
Se da una parte il Terzo Polo propone un governo di unità nazionale oppure un governo con la maggioranza eletta nel 2008, ma non guidato da Berlusconi, dall’altra parte il triumvirato Bersani – Di Pietro – Vendola chiede quotidianamente le dimissioni del premier
Ma la sinistra italiana è capace di proporre un’alternativa credibile? I presupposti fanno intendere che la risposta è no. Il primo fattore è l’eterogeneità dei partiti che dovrebbero comporre la coalizione di centro-sinistra: Vendola è legato a idee e stereotipi ormai vecchi; il Pd è (come il Pdl) confuso e diviso tra le varie correnti; l’Idv è un partito manettaro che non può che produrre molto attrito con i democratici. Ma, oltre a queste constatazioni, c’è da dire che un eventuale governo di sinistra difficilmente porterebbe a termine le riforme richieste da Draghi e Trichet.
Perché? Il motivo sta soprattutto nella presenza di Vendola, legato (ora più che mai) ad una politica economica statalista; c’è anche Di Pietro, che ha promosso il referendum abrogativo sulla legge che “privatizzava” i servizi idrici; infine c’è il Pd che dice di voler privatizzare e liberalizzare, ma poi si smentisce.Ricordate lo scorso giugno? Bersani & co. facevano la campagna pro-referendum, perché pensavano (sbagliando), che se avesse stravinto il Sì, come è accaduto, Berlusconi sarebbe andato a casa.
Ed allora, ecco che, dopo la lettera di Trichet, il Pd è tornato all’attacco parlando di liberalizzazioni, ma allo stesso tempo viene contraddetto da Vendola e dagli Indignados. A questo punto Bersani si trova ad un bivio: sponsorizzare gli Indignados e aprire ad una politica neo statalista? Oppure imboccare la strada tracciata dalla BCE?
Ed allora, un’altra domanda sorge spontanea: in questo periodo, la politica è in grado di raggiungere un minimo accordo, per non far sprofondare ancor di più l’Italia? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto, domani scadrà – dicono – l’ennesimo ultimatum.
sabato 22 ottobre 2011
Gheddafi e piazzale Loreto
da Il Futurista
di Marco Mitrugno
La cattura e la successiva morte di Gheddafi, sono una grande notizia per tutto il popolo libico. Si è concluso un periodo lungo 42 anni, composto da una dittatura durissima imposta dall’ex raìs. Quello che si apre ora, è per la Libia un percorso importantissimo: i libici dovranno dimostrare di saper andare oltre alle singole lotte tra le tribù, per poter garantire allo “scatolone di sabbia” un futuro democratico. Non è un’operazione facile, visto anche il modo in cui è stato freddato Gheddafi: un colpo alla tempia da distanza ravvicinata. Un modo di agire, questo, che ha costretto il Cnt ad aprire un’indagine interna. In effetti, bisognerebbe puntare i riflettori sull’esecuzione sommaria di Gheddafi. Un processo, sarebbe stato più giusto; sicuramente il popolo libico gradisce di più la morte immediata del dittatore. Ma da Mussolini a Gheddafi, la storia ci ha insegnato che è ingiusto condannare a morte una persona preventivamente. Per carità, non si vuole condannare l’impegno bellico della Nato, da sempre sostenuto. Semplicemente un normale processo, sarebbe stato più adatto. Per dirla (più o meno) come Flavia Perina, sembra di essere di fronte ad una riedizione di piazzale Loreto.
giovedì 20 ottobre 2011
Indignati ormai senza credibilità
da Libertiamo
di Marco Mitrugno
Non è semplice fare analisi dopo l’inferno di Roma. Innanzitutto,tutto il mondo politico dovrebbe condannare in modo unanime quello che è accaduto sabato, senza alzare polveroni complottisti come qualcuno sta cercando di fare. In secondo luogo si dovranno individuare tutti quei pazzi, che hanno messo a ferro e fuoco la città e ci sono i video, di giornali e telegiornali, dove si notano alcuni teppisti a volto scoperto, che sono facilmente riconoscibili. Qualcuno, infatti, è già stato preso.
Un esame di coscienza deve farselo tutta la società italiana. I primi a scavare nel proprio intimo dovranno essere coloro i quali hanno cercato di giustificare la furia dei violenti: a partire da don Vitaliano, che ha scaricato la colpa sui politici, cercando di “assolvere dal peccato” i black bloc. Gli altri che dovrebbero riordinare la propria coscienza, sono quei manifestanti che, interpellati dai giornalisti, ritengono normale la violenza in manifestazioni di questo genere. La violenza di una massa di teppisti non deve essere una consuetudine: non si può accettare che una città come Roma debba essere messa sotto scacco, da un gruppo di vigliacchi con la faccia coperta; non si può accettare che vengano distrutti negozi, banche, auto, case, che sono il frutto di anni di lavoro.Una cosa è certa: il movimento degli Indignados (almeno quello italiano), si è giocato la propria credibilità. Per un semplice motivo: dal G8 di Genova, tutto il mondo è a conoscenza che in manifestazioni di questo genere c’è il rischio reale che si possano infiltrare i black bloc (cosa che si è realizzata perfettamente) e quindi un maggiore controllo da parte degli organizzatori sarebbe potuto essere utile per garantire lo svolgimento regolare del corteo. Inoltre in queste ore c’è chi (come al solito) vede nelle azioni della Polizia e dei Carabinieri un abuso di potere. Le Forze dell’Ordine dal 2001, quando ci fu la morte di Carlo Giuliani (idolo dei black bloc), non hanno l’autorizzazione a rispondere alle provocazioni dei facinorosi. Infatti, chi ha visto le dirette di ieri su Rai News 24, Sky, Corriere e Repubblica, ha potuto notare che gli uomini in divisa hanno effettuato cariche di alleggerimento e nessun poliziotto o carabiniere si è accanito contro un black bloc. Ma purtroppo, in Italia, siamo abituati ai condoni, da quelli edilizi a quelli penali. E’ la dimostrazione sta nel numero di arresti effettuati dopo gli scontri: solo dodici a fronte di almeno mille presenze violente; poi basta leggere i giornali esteri (e non) e si scopre che a New York sono state arrestate 700 persone e non si è vista l’ombra una vetrina in frantumi. Ora chi pagherà i danni? Chi pagherà le auto e le case incendiate? Chi pagherà le vetrine dei negozi? Naturalmente le pagheranno quelle persone oneste, che la mattina si alzano per mandare avanti una famiglia.
Allora , cari Indignados, invece di organizzare manifestazioni strumentali, prive di proposte reali, fareste bene a studiare l’economia mondiale. Sicuramente capireste che in un periodo come questo, lo Stato non può assumersi responsabilità che lo condurrebbero sempre più nel baratro. Lo stato deve alleggerirsi, privatizzando i carrozzoni (ad esempio le Poste), tagliando gli sprechi e chiedendo un aiuto ai privati. Solo così possiamo uscire da questo vortice infernale.
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