lunedì 30 maggio 2011

Giovani italiani, è giunta l'ora!



di Marco Mitrugno

In Spagna la protesta non si ferma. I ragazzi sono agguerriti e l'effetto della loro protesta si è visto con i risultati delle elezioni amministrative che hanno sancito la disfatta del partito socialista di Zapatero. 
Da quasi quindici giorni i giovani spagnoli affollano le piazze delle città più importanti della nazione, senza intenzione di mollare la presa. Sono l'ala più a sinistra della base socialista spagnola ma, nonostante la loro collocazione politica, stanno riscotendo un grande successo in molti strati della gioventù iberica. Quello che colpisce è la loro determinazione. Sono accampati e non hanno paura di possibili cariche della polizia, che ci sono state a Barcellona. 

In Italia il disagio giovanile è pari a quello spagnolo ma, a differenza dei coetanei che si trovano dall'altra parte del Tirreno, i ragazzi italiani sembrano rassegnati allo status quo e lo spirito ribelle tipico dell’età, sembra aver abbandonato la gioventù del 2011. 
La colpa non è solo dei giovani, ma qualche responsabilità ce l'hanno anche loro. 
La politica italiana non aiuta. Le generazioni giovani si sentono tradite dalla classe dirigente che sembra sempre più arroccata nei palazzi del potere e nelle stanze dei bottoni. Di fatto la gente, e soprattutto i ragazzi, vengono abbandonati a se stessi, in un paese dove per poter far strada bisogna fare a cazzotti. I giovani sono stanchi di vedere politici che si offendono a vicenda, invece di confrontarsi sulle linee programmatiche. Due esempi su tutti. Durante le amministrative i riflettori sono stati puntati su Napoli e Milano. Per quanto riguarda le elezioni meneghine, tutti sono a conoscenza della calunnia di Letizia Moratti verso Pisapia, riguardante il famoso furto d'auto. 
Sul fronte napoletano,invece, la diatriba è mediatica dato che De Magistris e Lettieri sono da due settimane in tutti i talk show possibili ed immaginabili. In tutte queste occasioni i candidati si sono scontrati sul piano personale, senza presentare argomentazioni valide su come risolvere il problema rifiuti o quello della camorra. 
E' questo modo di fare politica che ha stancato i giovani. Lo si capisce quando si sente parlare un ragazzo o una ragazza tra i diciassette e i vent'anni, sono (in maggioranza) disillusi e rassegnati. 
L'unico movimento che riesce ad entrare nella mente dei giovanissimi e a raccogliere da parte di questi ultimi un grande consenso è il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Motivo? La lotta anti-sistema che il comico genovese porta in giro per l'Italia. La lotta contro il sistema che affascina i ragazzi ma che, di fatto, li porta in un vicolo cieco, perché l'unico modo per cambiare una situazione che ristagna è quello di entrare nel sistema e rinnovarlo. Il ‘grillismo’ cavalca l'onda della rabbia giovanile, ma non propone nessuna soluzione nuova ed innovativa. 

La causa dell'allontanamento dei giovani non può essere solo della politica e della classe dirigente. Una minima responsabilità è anche dei ragazzi. Nessuno crede più nell'impegno civico, molti giovani pensano che mettersi a disposizione della comunità sia ‘roba’ da grandi. Tra molti ragazzi vige la regola ‘sono giovane, quindi devo divertirmi. Di conseguenza, me ne infischio di tutto quello che succede nel mondo’. La gioventù italiana in parte è frenata dalla gerontocrazia, in parte si frena da sola. L'apatia la fa da padrona nelle giovani coscienze. Ciò che si deve combattere è il disinteresse e la disillusione. In molti credono che il futuro verrà regalato a tutti i giovani italiani. Le nuove generazioni non riescono a capire che in un momento critico come questo c'è il bisogno di impegnarsi in prima persona per cercare di cambiare la storia. 
Lo ha dichiarato anche monsignor Bagnasco dicendo che i giovani devono avere un sussulto di responsabilità. E i ragazzi italiani stanno rappresentando la gioventù che vuole essere spensierata, libera da ogni tipo di sensato giudizio che ognuno dovrebbe avere, pensando alla propria vita e al proprio ruolo nella società. Basta pensare alle proteste studentesche. Quante volte ci è capitato di vedere gente che non entra nelle scuole dicendo che va a manifestare contro una riforma, ma poi i cortei non li vede nemmeno con il binocolo e va a mangiare nel fast food di turno? 
L'esempio della Spagna può essere seguito. I giovani italiani devono manifestare il loro disagio, il loro diritto a riappropriarsi del futuro, c'è bisogno di una vera e propria "rivolta" generazionale. Solo in questo modo le nuove generazioni possono affermare il loro diritto al futuro. Semplicemente, bisogna svegliarsi dal torpore.

mercoledì 25 maggio 2011

Primavera iberica: genesi di una protesta europea?


da Libertiamo.it


di Marco Mitrugno


Sono su tutti i giornali d'Europa. Hanno suscitato più interesse delle elezioni amministrative che si sono tenute e che con molta probabilità scombussoleranno il quadro politico iberico. I "Los indignados" sono al centro della cronaca politica spagnola. Migliaia e migliaia di giovani, che dal 15 maggio si sono riversati nelle piazze delle città della Spagna, per chiedere un cambiamento radicale.
Pongono problemi che hanno bisogno di una soluzione: provvedimenti per porre un freno alla precarietà; proposte per abbassare il tasso di disoccupazione giovanile, che in Spagna è del 43%; pulizia delle liste elettorali, dove vi sono molte personalità che hanno a che fare con la corruzione; cambiamento della classe dirigente, che non risponde più ai bisogni della popolazione.
Una protesta che sembra non volersi fermare, che si sta allargando a macchia d'olio: ora sono circa cinquanta le città interessate dalla contestazione. Tra l'altro la polizia non è mai intervenuta per porre fine alla protesta, che è stata dichiarata illegale dai massimi organi costituzionali spagnoli.
E' un terremoto che sta sconvolgendo i piani di Zapatero e del governo, che fino ad ora non aveva mai dovuto fronteggiare proteste. E il Partito Popolare non aspetta altro che un passo falso di Zapatero per poterlo mettere all'angolo.
I ragazzi iberici dicono di ispirarsi alle rivolte arabe, anche se i motivi che hanno suscitato le rivoluzioni nord africane sono del tutto diversi. I giovani della Spagna pongono problemi che sono presenti anche in Italia.
Qui la disoccupazione giovanile è arrivata al 30%, ma se non si deciderà di intrevenire adeguatamente, non ci vorrà molto affinchè si possano raggiungere le cifre che vi sono in Spagna. Inoltre c'è un enorme numero di ragazzi che non studiano e non lavorano, che di fatto sono parte inattiva del nostro paese. In questi tempi sono i ragazzi a chiedere aiuto, più di quanto si facesse in passato, anche perchè la fiducia che viene riposta nelle nuove generazioni è molto minore rispetto a quella riposta nelle generazioni precedenti. E come se non bastasse, i padri rimangono sempre più tempo attaccati ai posti di lavoro e come conseguenza i cervelli scappano dall'Italia.
Ad aggravare la situazione c'è la politica italiana, che sembra fregarsene delle vere necessità, non solo dei giovani, ma di tutti gli italiani. Lo si nota in questa campagna elettorale, dove i candidati sindaci che dovranno giocarsi tutto al ballottaggio, difficilmente parlano dei programmi, ma si insultano a vicenda, facendo allontanare la gente dalla politica e accrescendo il consenso per i movimenti che vogliono abbattere il sistema, come quello di Grillo.
Ci sono molte similitudini tra i motivi della protesta iberica e i principali problemi italiani. Tra questi c'è quello della corruzione. In parlamento c'è un ddl anti corruzione, che è chiuso nei cassetti. In poche parole dalle parti del Governo si parla della brutta politica, ma non si vogliono porre rimedi adeguati. L'unico obiettivo di questo  esecutivo sembra essere quello di garantire a Berlusconi di rimanere lì dov'è, a tutti i costi, anche aumentando i posti da sottosegretario.
Quello che sta succedendo in Spagna potrebbe essere solo l'inizio di una lunga protesta, che si potrebbe propagare in tutta Europa. E le probabilità che ciò accada non sono poche, perchè le tematiche toccate sono universali e soprattutto pare che non abbiano appartenenza politica.

lunedì 23 maggio 2011

Quei giovani pidiellini



di Marco Mitrugno

Tra i militanti di Fli e del Pdl non corre buon sangue. Le prime schermaglie si ebbero quando Gianfranco Fini, un anno fa, alzò la voce contro il sistema berlusconiano, per una serie di motivi, che non stiamo qui ad elencare.
I pidiellini accusano i futuristi di aver tradito il patto con gli elettori o peggio ancora il patto con Berlusconi. Dall'altra parte gli aderenti a Futuro e Libertà, dicono che la loro è una scelta ideale e politica, contro un modo di fare politica, quella del Pdl, che è teocentrica ed anti-democratica.
Ma se a livello di partito i rapporti non sono ottimali, a livello giovanile non si può dire che siano diversi. Nel movimento giovanile del Pdl, la Giovane Italia (che esiste da due anni, ma deve ancora celebrare il primo congresso), è rimasta la frangia più identitaria dell'ex Azione Giovani. Cioè chi non rinuncia ad ammainare alcune vedute che nel 2011 sono anacronistiche, come ad esempio l'anti-americanismo. Sono gli stessi che si salutano con il "saluto del legionario", nonostante la gloriosa storia del Msi sia passata e sono gli stessi, che più di qualche volta non rinunciano ad alzare qualche braccio, per rievocare ricordi del Ventennio che non si sono mai vissuti.
In due parole: i giovani del Pdl non sono in grado di fare la storia, perchè preferiscono essere schiavi di una storia che non è mai stata vissuta. La storia non va dimenticata, al contrario, va insegnata: senza la storia non si conoscerebbero gli errori del passato, non si conoscerebbero le proprie radici e le proprie origini. Conoscere la storia vuol dire essere in grado di costruirne un'altra, non essere schiavi di quella passata.
Molto spesso i ragazzi della Giovane Italia portano avanti campagne che possono essere condivisibili, ma sono poco credibili. Per esempio: le campagne politiche sulla legalità. Come può un movimento giovanile essere credibile su un tema delicato come la legalità, quando nel proprio partito vi è un presidente del Consiglio che pluri imputato, oppure quando nel proprio partito vi sono esponenti come Cosentino, sulla cui testa pende un mandato di cattura.
La buona volontà di tanti ragazzi che credono nel valore della legalità viene snobbata dalla gente, proprio perchè rappresentano un partito che della legalità se ne frega.
Un altro tema è quello della meritocrazia. Molti giovani del Pdl si battono per la meritocrazia in politica e sul posto di lavoro, ma ci rimettono la faccia. Il motivo? Il loro partito è quello che candida nel listino bloccato delle elezioni regionali Nicole Minetti, ex igienista dentale del premier e lo stesso partito è quello che lascia da sola Sara Giudice, in una battaglia importante come quella della raccolta firme anti-Minetti.
Gli stessi ragazzi che difendono la Minetti, sono quelli che si dichiarano non conformi e fuori dal gregge. In questo caso viene in risalto la contraddizione: si dichiarano anti-conformisti, ma sono tra le fila di Berlusconi, che è il leader del conformismo intellettuale. Sono gli stessi che si dicono liberi da ogni schema e da ogni padrone, ma che sono pronti a difendere Berlusconi insieme alla sua corte.
E poi prendono esempio dai dirigenti del loro partito: insultano per strada i ragazzi ex Pdl che hanno aderito a Futuro e Libertà; gli additano come traditori, ma non si rendono conto che i veri traditori sono loro, che hanno buttato valori come la libertà e la dignità.
Quei giovani pidiellini che si dicono portatori sani dei valori e delle tradizioni di destra, ma che in realtà sono solo pedine della scacchiera.

giovedì 19 maggio 2011

Adesso tocca a noi!



di Marco Mitrugno

La due giorni che tutti attendevano è passata. Ora si potranno fare i bilanci, ci si potrà confrontare sulle alleanze per i ballottaggi. Le elezioni hanno sancito l'inizio della fine del percorso politico di Berlusconi, che nella sua capitale, Milano, ha visto Pisapia sorpassare Letizia Moratti. Il premier aveva affermato che questa tornata elettorale sarebbero equivalse ad un referendum nei suoi confronti e sicuramente non può essere contento del risultato. Quello che più fa scena sono le parole di Ferrara e di Feltri, che non hanno paura di criticare la campagna elettorale e Berlusconi stesso: durante il programma televisivo "Porta a Porta", Ferrara è stato durissimo accusando il premier di rinunciare volontariamente al contraddittorio con le forze di opposizione. Un altro fattore che fa riflettere è il silenzio della Lega: durante la campagna elettorale il Carroccio non ha "alzato" la voce come aveva fatto in altre occasioni. Bossi ha mantenuto le distanze dalla Moratti e per Berlusconi non è un buon segnale. Inoltre Castelli ha detto che è da ipocriti negare il cattivo risultato del capoluogo lombardo.

Ma oltre alla sconfitta (bruciante) subita dall'asse Pdl-Lega, c'è il buon risultato del Terzo Polo. L'alleanza tra Fli, Udc e Api è giovane, non ci si poteva immaginare un risultato stratosferico. C'è da dire che le percentuali raggiunte sono soddisfacenti ed è su quei dati che si deve costruire la futura azione politica. Fli sta rispettando le aspettative e chi dice che il partito di Fini è inesistente sbaglia: in Puglia, Campania e Basilicata, Futuro e Libertà ha avuto punte che vanno dal 6% al 9%.

Un dato, però, è molto importante: il vento sta cambiando e la variazione della direzione politica italiana lo si deve, in buona parte, all'impegno dei giovani. In tutta Italia, Generazione Futuro ha presentato ragazzi volenterosi di voler cambiare la storia. In alcune parti d'Italia sono stati eletti ragazzi di GF. Il simbolo di questa tendenza è Sara Giudice, la ragazza che si è scagliata contro il sistema berlusconiano. Ha ottenuto 1208 voti di preferenza e solo per un pelo non raggiunge il quorum che le avrebbe permesso di sedere al fianco di Manfredi Palmeri a Palazzo Marino.

Berlusconi è sulla via di non ritorno, la politica italiana è ad una svolta storica. Storica perchè dopo diciassette anni il sistema politico del premier ha subito una forte battuta d'arresto. "Adesso tocca a noi!" Così recitava lo slogan della convention di Generazione Futuro di Bari. Il processo sarà molto lento, ma è il momento giusto per i giovani. I ragazzi under 30 devono ritornare ad appropriarsi della politica, devono essere protagonisti del loro tempo. Certo ascoltando Grillo è difficile e deve far riflettere il risultato raggiunto dal Movimento 5 Stelle: c'è un'avanzata dell'anti-politica.

Negli ambienti giovanili si respira aria positiva dopo la sconfitta di Berlusconi, ma i ragazzi non si sentono galvanizzati dall'avanzata degli estremisti, che, invece di parlare dei problemi della gioventù, pensano ad attaccarsi personalmente, anzichè farlo sui programmi.

In questo momento deve recitare un ruolo importante Fli, superando le divisioni interne e avvicinandosi alla gente. Solo in questo modo si può costruire un programma politico serio e realista.
 

venerdì 6 maggio 2011

I disponibili e la dignità

di Marco Mitrugno
 
Adesso è ufficiale: il rimpasto è stato fatto. Chi ha lasciato Futuro e Libertà ha ottenuto il contentino: la poltrona di sottosegretario. Rosso, Bellotti, Melchiorre, Polidori, Cesario, Gentile, Misiti, Villari, Catone, hanno raggiunto il loro obiettivo. Ora potranno stare seduti comodi su una di quelle poltrone che li rende tanto contenti. I disponibili hanno venduto la loro dignità e il loro onore in cambio di un posto nell'esecutivo, in modo tale da fare lezione di anti-politica. 
Sì, perchè la vera politica è quella che si fa nelle sezioni, che si fa con i volantini, che si fa affiggendo i manifesti. Quello che abbiamo visto è la faccia più brutta e scurrile della politica. La politica vera, quella con la "P" maiuscola non è arrivismo o personalismo, è servizio alla collettività.
Ma, forse, i disponibili non sanno quale sia il significato della parola dignità. In questo modo non fanno altro che allontanare la gente dalla cosa pubblica e i giovani, che ne sono già schifati, non vogliono nemmeno sentirne parlare.
Silvio, invece, dice di voler abbassare le tasse, ma intanto, nominando altri nove sottosegretari, alza le spese della politica, mettendo le mani nelle tasche degli italiani. Alla faccia delle sue belle parole. 
In questi giorni Sardelli e Scilipoti festeggeranno, perchè la terza gamba della maggioranza è entrata nella squadra di governo. Ne valeva la pena, il costo è stato basso, hanno venduto una piccola virtù chiamata Dignità.

giovedì 5 maggio 2011

Bobby Sands: l'eroe sconosciuto


di Marco Mitrugno


Sono passati trent'anni da quel 5 maggio del 1981, quando Bobby Sands lasciò il mondo terreno. Bobby Sands è stato un ribelle irlandese, repubblicano, nazionalista e sostenitore della giustizia sociale. Nacque a Belfast nel 1954 e durante la gioventù subì varie minacce da parte dei lealisti protestanti, vicini alla Corona inglese. In giovane età aderì alla causa dell'IRA (l'esercito di volontari repubblicani irlandesi). In carcere ci finì per due volte, la seconda volta li fu fatale. Fu detenuto nel carcere di Long Kesh, fu condannato, per possesso di armi da fuoco, a quattordici anni di reclusione.
Durante il periodo di vita che trascorse in carcere diede il via a varie proteste, per denunciare lo stato in cui vivevano i detenuti irlandesi, arrestati per motivi politici. Le proteste cominciarono con il blanket protest (protesta delle coperte): in questo caso i prigioneri si rifiutavano di indossare la divisa carceraria e preferivano indossare solo una coperta.
La seconda fase della protesta, che si svolse nel 1978, fu il dirty protest (protesta dello sporco): i carcerati vollero vivere nella sporcizia totale. Spalmavano gli escrementi sulle pareti delle celle e gettavano l'urina sotto le porte, perchè erano sottoposti a violenza fisica da parte delle guardie nel tragitto che portava dalle celle ai bagni. 
Dopo aver vissuto alcuni anni in condizioni che l'essere umano non può sopportare, i detenuti decisero di avviare uno sciopero della fame, che iniziò nell'ottobre 1980. Lo scioperò terminò dopo che il governo britannico annunciò che sarebbero variate le condizioni di vita. Ma l'impegno non venne mantenuto.
Così nel marzo del 1981 fu organizzato un secondo sciopero della fame. Ma questo fu fatale per Bobby, che morì dopo 66 giorni di digiuno.
L'annuncio della morte di Sands, diede vita a giorni di rivolte nell'Irlanda del Nord. Lungo il tragitto funebre si schierarono circa 100.00 persone per rendere omaggio all'eroe irlandese. 
La morte di Bobby Sands fece accrescere la popolarità dell'IRA, alla quale aderirono molti ragazzi commossi dalla storia del ragazzo di Belfast. L'eroe, insieme agli componenti dell'IRA, morti per liberare l'Irlanda del Nord dall'occupazione britannica, vengono considerati martiri, che hanno lasciato il mondo per la libertà della patria.
Quella di Bobby Sands è una storia ancora attuale. Il tempo è passato, ma la situazione non è cambiata: l'Irlanda del Nord è ancora occupata dalla Corona britannica e di tanti in tanto arrivano notizia di nuovi attentati da parte di repubblicani cattolici facenti parte dell'IRA. 
Siamo nel 2011, ma l'Irlanda è ancora una colonia, una colonia che si trova nello stesso continente del paese occupante. E sono le storie come queste che devono far riflettere su quanto sia importante l'unità di una nazione e l'identità nazionale. Bobby Sands si battè per questo, morì per questo. 
Deve essere ricordato per questo motivo: in un periodo in cui si sta perdendo il senso di appartenenza ad una nazione e ad una bandiera, sono le storie come quella di Bobby Sands che devono riaccendere le coscienze.

mercoledì 4 maggio 2011

W La Russa


di Marco Mitrugno


Ignazio La Russa, ma quanto ci fa divertire! Il ministro della Difesa ne ha combinata un'altra delle sue, un altro episodio da aggiungere alla collezione.
Durante la puntata di Ballarò, alla fine dello stacco pubblicitario, è stato scoperto mentre chiedeva ad un suo collaboratore chi fosse Lukashenko. Certo, è una domanda dal profondo senso filosofico.
Strano, lui che è a capo di uno dei ministeri più importanti non conosce il dittatore bielorusso, tanto amico del premier. Ma non è finita qui, 'Gnazio è andato su tutte le furie quando un altro ospite della trasmissione, una politologa per l'esattezza, si è preso la briga di contestare a B. alcuni punti della sua politica. Apriti cielo, La Russa ha cominciato ad attaccare senza dare la possibilità di replica, tanto che la studiosa è stata costretta ad abbandonare il programma.
Ma, come canta Ligabue, il meglio deve ancora venire. Il ministro fornisce il gran finale mentre esprime la sua opinione sulle amministrative: intanto si dice convinto che la Moratti vincerà al primo turno (mah!), poi su domanda di Pigi Battista, che gli chiede se vuole i voti di Fini per un eventuale ballottaggio, dice che non servono perchè Fli è dato tra lo 0,5% e il 1% e non è un'invenzione, "lo dicono i sondaggi" tuona Ignazio.
Il ruolo del ministro della Difesa è cambiato: invece di preparare le forze armate ad eventuali azioni militari, lui difende B., anche nelle situazioni indifendibili.
Se non avessimo Ignazio, bisognerebbe inventarlo. Digiamolo!

Berlusconi, la Libia e la Lega...


di Marco Mitrugno

L'Italia bombarda la Libia, la prima missione c'è già stata, a tre giorni dall'annuncio di Berlusconi. C'è da dire che era ora che l'Italia si decidesse ad impegnarsi maggiormente nella questione libica; la vicenda è quasi comica, perchè B. era quello che baciava l'anello a Gheddafi, era quello che era dispiaciuto per Gheddafi, era quello che voleva mediare con Gheddafi, adesso è quello che bombarda Gheddafi. Non è molto credibile e Gb, Francia e Usa se ne sono rese conto molto prima di questa giravolta. D'altronde non si può pretendere molto: il nostro ministro degli Esteri cerca le carte per incastrare Fini, invece di farsi valere in campo internazionale.
L'intervento dell'Italia in Libia è sacrosanto ed è arrivato in ritardo: siamo il paese più vicino alla Libia eppure siamo gli ultimi che hanno deciso di bombardare; siamo il paese più vicino alla Libia, le conseguenze dell'immigrazione sfrenata le paghiamo noi italiani e B. ha atteso il giorno di Pasquetta per prendere una decisione seria.
La favola del berlusconismo sta finendo e lo si capisce da quello che dicono gli intellettuali, giornalisti e diplomatici. Qualche giorno fa a Ballarò, Luttwak ha dichiarato che ora come ora nessuno crede più in Berlusconi, neanche quelli che lui definisce suoi amici.
Intanto la Lega sta storcendo il naso: è contro il bombardamento della Libia e l'Umberto nazionale sta provocando più di qualche mal di pancia a Berlusconi, che se dovesse perdere la Lega, perderebbe di fatto il potere.
Salvini, Maroni e Castelli continuano a sparare a zero su Silvio perchè il Carroccio non è stato interpellato ed adesso il governo rischia davvero, forse rischia più di quanto ha rischiato il 14 dicembre scorso. Tra l'altro la base leghista non ne può più di B., ascoltando Radio Padania sembra di essere ad un comizio dei "famigerati comunitsti", invece sono gli elettori del governo a parlare.
Sarà che i professori rossi sono impegnati ad indottrinare i leghisti e i giovani padani, ma Silvio non gode dello stesso consenso di cui godeva solo fino a qualche anno fa.
Ma dovrebbe farci l'abitudine, perchè, come diceva il buon Giovanni Falcone, ogni fenomeno umano ha un inizio ed una fine. E' la storia.