mercoledì 8 giugno 2011
Così Vendola aumenta l'Irpef
da Il Patto Sociale
di Marco Mitrugno
Sopresa. E' stata questa la prima impressione dei cittadini pugliesi quando sono venuti a sapere dell'aumento dell'Irpef deciso dalla giunta regionale guidata da Nichi Vendola. Mentre il leader di Sel era a Milano per festeggiare la vittoria di Giuliano Pisapia, a Bari l'assessore al bilancio, Pelillo, stava rifinendo i dettagli della delibera.
Questa decisione non è stata approvata da nessuno: dai partiti dell'opposizione, dall'Anci pugliese, ma anche dai partiti di maggioranza che hanno espresso il loro dissenso.
La situazione in terra pugliese non è chiara. Tutto comincia con lo scandalo sanità. Si viene a sapere che l'assessore Tedesco forniva appalti a Giampaolo Tarantini (conosciuto anche come il fornitore di escort del Cav.) in tutto questo vengono coinvolti anche Sandro Frisullo (ex vice presidente regionale), Vendola (la cui posizione è stata archiviata) e un uomo della scorta (anche lui arrestato) di Vendola. Nel febbraio 2011 arriva l'arresto di Tedesco che, nel frattempo, era stato costretto a dimettersi da Vendola ma trasferito a Palazzo Madama dal Pd.
Come se non bastasse, il problema per Vendola è coprire un disavanzo di 93,6 milioni di euro che, secondo il governatore della Puglia, deriva da un errore del Ministero. In questa ottica rientra l'aumento dell'addizionale Irpef e, con questa mossa, Vendola mette di fatto le mani nelle tasche dei pugliesi. L'aumento va dallo 0,30% allo 0,50%, naturalmente stabilito in base ai redditi dichiarati: chi dichiara un reddito di 15mila euro dovrà aggiungere 45 euro, chi ne dichiara 28mila dovrà aggiungerne 84 all'anno; chi dichiara 60mila euro annui aggiungerà 244 euro e infine chi dichiara 128mila euro, ne aggiungerà 584.
La decisione del presidente non ha trovato consensi neanche da parte di sindaci come Emiliano (Bari) e Stefano (Taranto), che si sono dichiarati subito contrari all'aumento dell'addizionale. A far da eco ai sindaci pugliesi ci si è messo anche il presidente dell'Anci pugliese, Gino Perrone, secondo il quale "Vendola chiede più tasse e dà meno servizi sanitari". Contro il leader di Sel anche i sindacati: Cgil, Cisl e Uil hanno commentato in due parole:"Decisione iniqua". L'unico a correre in aiuto di Vendola è l'assessore Pelillo che dice che l'aumento dell'Irpef "è una decisione obbligata, derivante da un errore del Ministero dell'Economia, riguardante le precedenti entrate dell'Irpef." Da Fli si fa sentire Surico, secondo il quale attraverso la riduzione degli sprechi si raggiungerebbe una somma di 60 milioni di euro. Insomma per Vendola è un'altra gatta da pelare. La vita della giunta regionale si basa sulla sanità: dovranno essere nominati nuovi dirigenti delle Asl e forse, se saranno fatte delle nomine ‘giuste’, alcuni partiti potranno fermare l'opposizione contro Vendola. Così si confermerebbe il tipo di politica clientelare portata avanti dal governatore della regione.
Ma se da un lato si placano le polemiche politiche, rimangono accese quelle della popolazione. Le liste d'attesa si allungano sempre di più, il governo regionale ha istituito il ticket sulla prescrizione di alcuni farmaci, era stato promessa l'abolizione del ticket per quanto riguarda visite e controlli. In poche parole, Vendola non gode del consenso della gente e lui ne è consapevole.
Forse dovrebbe declamare meno poesie e pensare ai fatti. O forse, invece di pensare alla leadership del centrosinistra, ai salotti di Ballarò e Annozero, a Roma e Milano dovrebbe occuparsi di Bari e della sua regione.
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